La nuova frontiera...

di don Fabio Bartoli


All’inizio degli anni ’60 JFK stravinse le elezioni presidenziali con questo slogan, con cui additava agli americani la necessità di un’evoluzione dalla conquista materiale del mondo alla conquista etica. Il sogno suo (e ancor di più di Robert, che era il vero idealista dei due) era quello di dare agli USA il primato mondiale della tensione etica.


Molto di quello slancio rimane nel popolo americano, che è un popolo bellissimo, mentre nelle sue istituzioni le pallottole di Lee Oswald lo hanno definitivamente affossato.

Non sembri azzardato il paragone con il lavoro che sta facendo oggi nella Chiesa Papa Francesco. Anche lui infatti sta indicando una “Nuova Frontiera” e anche lui, come JFK, sta risvegliando il cuore del popolo quasi bypassando le istituzioni.

Qual’ è la Nuova Frontiera che il Papa ci indica? Non c’è dubbio, è quella della Nuova Evangelizzazione.

Anche i suoi illustri predecessori ne avevano intuito la necessità e l’avevano proclamata più volte, ma la novità portata da Francesco è che lui la fa in prima persona. Quello scendere nelle “periferie esistenziali” (e quanto il concetto di periferia è simile a quello di frontiera!) appena può lui lo applica in prima persona, dettando così la linea a tutta la Chiesa, in un titanico sforzo di rinnovamento appunto di quelle istituzioni.

Rinnovamento non teorico ne dottrinale, ché queste cose la Chiesa le ha sempre dette, ma pratico ed esistenziale. Rinnovamento che in fondo in null’altro consiste se non nel prender sul serio il Vangelo.

Questo a mo’ di premessa, sia chiaro, mi dispiacerebbe che chi legge questo articolo si fermasse qui, perché questo è solo il punto di partenza di una riflessione che vuol essere più ampia e profonda.

In queste mie vacanze calabresi mi sono chiesto infatti: come “conquistare” questa nuova frontiera? Come posso io seguire il mio pastore su questo sentiero nuovo e, diciamoci la verità, piuttosto scosceso?

Io appartengo al Rinnovamento, la prima matrice della mia spiritualità è quella, il che significa che nella mia mente e nel mio cuore sono incise a fuoco due coordinate: Lode ed Evangelizzazione. Tutta la spiritualità del Rinnovamento potrebbe essere sostenuta da queste due colonne.

Da qui parte la mia domanda: qual’è oggi la forma migliore dell’Evangelizzazione? Cosa fare per portare davvero il Vangelo a questo nostro Occidente sazio e disperato? Come declinare in concreto la Nuova Frontiera che il Papa ci sta indicando?

Proclamo subito la mia tesi, che vado poi a spiegare: la Nuova Frontiera della Chiesa oggi è la Direzione Spirituale, o Paternità (o maternità) Spirituale, o Accompagnamento Spirituale… I termini cambiano, scegliete voi quello che più vi aggrada, ciò che conta è l’oggetto che designano, che potremmo definire come “una relazione di aiuto finalizzata alla crescita spirituale della persona”.

Recentemente al convegno diocesano ho fatto un intervento molto aggressivo, deliberatamente provocatorio, a cui ha seguito, con mia sorpresa, un lunghissimo applauso.

In quell’intervento dicevo più o meno (mi cito a memoria): “non è possibile alcun serio progresso nella fede senza un accompagnamento spirituale, perché la fede è fatta di scelte e le scelte sono sempre necessariamente personali. Se non educhiamo i nostri ragazzi a scegliere, se tutta la nostra pastorale non mira a far nascere nei ragazzi l’esigenza dell’accompagnamento spirituale, allora più che catechisti siamo animatori di un club mediterranee”

Non voglio sottovalutare il lavoro di tanti catechisti e tanti animatori di oratorio, sia chiaro. So bene, ad esempio, quanto frutto hanno portato le “Giornate mondiali della Gioventù” che rappresentano, in un certo senso, l’esibizione esemplare di un certo modo di intendere l’Evangelizzazione.

Ciò che voglio dire però è che il mondo sta rapidamente cambiando e sta cambiando la cultura, la mentalità delle persone a cui ci rivolgiamo e quindi per conseguenza i nostri strumenti si devono adattare. Oggi viviamo nell’epoca dell’iperconsumo, come la definiscono i sociologi, in un tempo cioè in cui l’uomo scambia i valori con i bisogni.

Se una volta una persona era definita dall’insieme dei suoi valori, in nome dei quali poteva anche rinunciare ai propri desideri, barattando così una soddisfazione immediata con una futura più alta, oggi invece i bisogni vengono elevati a misura della felicità, che conseguentemente consiste nel soddisfacimento immediato di questi. Soddisfacimento che diventa quindi l’unico valore e l’unico diritto.

Anche la religione viene coinvolta in questa involuzione, così che è percepita come uno strumento attraverso cui soddisfare il proprio bisogno di spiritualità anziché come un fine. Dio cessa di essere una persona e diventa un oggetto di cui godere.

La conseguenza per il cristianesimo è devastante, perché mentre in apparenza si assiste ad un ritorno di spiritualità in realtà al centro di tutto rimane l’io con i suoi bisogni, il cuore dell’esperienza spirituale dunque non è più l’amore e il dono di se, ma si passa da un’esperienza all’altra come consumandole, nel tentativo di soddisfare un generico bisogno di benessere spirituale.

Perfino la religione diventa così oggetto ci consumo!

Il solo modo di invertire questa tendenza mi sembra quello di investire massicciamente nell’accompagnamento spirituale, infatti non vedo altro antidoto a questa degenerazione che l’educazione alle scelte, che in ultima analisi significa educazione al sacrificio e al dono di se.

E non c’è modo di trasmettere questo se non attraverso l’incontro personale, perché l’amore solo così si può trasmettere, attraverso un contatto empatico, quasi fisico, di due persone.

Non è più il tempo delle folle di Galilea che acclamavano i miracoli. Inizia per la Chiesa una seconda fase, quella dopo la Trasfigurazione, quando Gesù abbandona i grandi discorsi pubblici e si dedica piuttosto a formare i suoi quasi uno per uno.
Naturalmente questo comporterà una robusta dieta dimagrante per la Chiesa, significherà dedicare tempo e risorse più agli individui che alle masse, rinunciando ad inseguire il mondo sul piano dello spettacolo, dedicandosi invece a tutto ciò che è interiore.

Rimarranno le grandi catechesi, i grandi eventi pubblici, ma solo come innesco, come scintilla che ha il compito di suscitare domande più che dare risposte avviando così all’accompagnamento spirituale.

Naturalmente i preti da soli non potranno farsi carico dell’enorme mole di lavoro che questo cambiamento comporterà.
Abbiamo bisogno di separare l’accompagnamento spirituale dal Sacramento della Confessione, declinandolo piuttosto come un “Counseling esistenziale”.

Niente a che fare con la psicologia, beninteso, ma un semplice farsi accanto alle persone per aiutarle nelle loro scelte quotidiane.

Abbiamo bisogno quindi di una generazione di laici, che lo Spirito Santo sta già formando, io lo vedo, che possano sostenere ed affiancare il clero in questo lavoro.

In fondo non è altro che l’interpretazione corretta di un ruolo che la Chiesa ha sempre conosciuto, quello del Padrino: un cristiano esperto che ti affianca nella vita e ti consiglia nei passaggi fondamentali.

Sogno un Popolo di Dio trasformato in un popolo di Padrini e Madrine, capaci a loro volta di generare alla fede altri che prendano il loro posto in questa immensa staffetta che è la trasmissione della Fede.

Non mi sento un visionario, anzi, sta già accadendo, e tutto intorno a noi, non ve ne accorgete?

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