Lo strano caso di Parker, abortista "in nome di Dio"


di Renzo Puccetti

Probabilmente nessuno dei lettori avrà sentito 
nominare il Dr. Parker. 
Nemmeno io avevo la minima conoscenza del soggetto, 
almeno fino a ieri quando mi sono imbattuto nella sua storia.

Due volte a settimane vola da Chicago, dove vive, 
in Mississippi per andare a lavorare. 
Nato a Birmingham, penultimo dei sei figli 
di una ragazza madre, 
cresciuto coi buoni pasto in una casa senza luce 
e col bagno all'esterno. 
Dopo un periodo in cui ha lavorato come giovane predicatore in alcune parrocchie battiste, 
dopo essere diventato il primo rappresentante degli studenti di colore in una scuola quasi tutta di bianchi, 
il futuro Dr. Parker è stato ammesso nel tempio della cultura universitaria americana: Harvard. 
Lì ha seguito tutta la trafila professionale 
fino ad arrivare all'apice di docente di ginecologia ed ostetricia, facendo venire al mondo, con la coscienza integra, 
migliaia di bambini. 
Poi un giorno sentì, come la chiama lui, "la chiamata di Gesù". 
E da quel giorno lasciò ogni onore 
per seguire la nuova vocazione: fare aborti.

Sì, lo so, penserete che ho capito lucciole per lanterne, 
qualche malizioso penserà al Brunello 
ed invece è proprio come vi sto dicendo, anzi, come dice lui, 
il dottor Willie Parker, in una lunga intervista rilasciata a John Richardson pubblicata su Esquire il 30 luglio. 
Alle donne che si rivolgono a lui per abortire 
spiega i rischi dell'aborto, spiega le alternative all'aborto, 
spiega che vi sono possibili sostegni economici, 
ma ad ognuna di queste informazioni 
fa precedere la frase magica per svalutarle tutte: 
"Sono tenuto a dirle che ...". 
Già, in Mississippi c'è una legge che obbliga ad informare le donne della realtà dell'aborto, 
forse una realtà che il dottor Parker ritiene falsa 
perché va contro alla "chiamata" che ha sentito.

I viaggi in Mississippi servono per fare il lavoro che nessun medico di quello Stato vuole fare: 
ammazzare bambini prima che nascano. 
Ma Willie Parker non pensa di ammazzare bambini, 
ha sentito la chiamata di Gesù, 
sente di fare la cosa giusta, 
perché per il dottor Parker la cosa giusta è una sola 
e la spiega così: 
«la mia fede in Dio mi dice che la cosa più importante 
che puoi fare per un altro essere umano 
è aiutarlo nel momento del bisogno». 

È un grande il dottor Parker, 
lui aiuta gli esseri umani che sono nel bisogno. 
Se uccide il bambino prima che nasca 
questo non può volere dire che una cosa: 
o per il dottor Parker il bambino non è un essere umano, 
oppure, se è un essere umano, uccidendolo lo aiuta. 

Non ho studiato ad Harvard come il dottor Parker, 
ma non conosco alcun testo di embriologia 
che attesti che il feto originatosi dall'unione di un ovocita di una donna con lo spermatozoo di un uomo sia un essere non umano.

Non rimane dunque che la seconda possibilità; 
il dottor Parker solleva i nascituri da ogni dolore 
e preoccupazione in modo radicale, 
privandoli della vita, 
ed è un così gran benefattore da sollevarli anche dalle spese 
per il funerale grazie ad un magnifico tragitto dall'utero 
della madre al contenitore per i rifiuti speciali.

Chicago, Illinois, gli aborti in Mississippi, 
dove serve fino a 45 donne in un solo giorno, 
poi guida fino all'Alabama, pronto, dopo sole 5 ore di sonno, 
a riprendere a svuotare uteri a ripetizione. 
È un globetrotter in tournée il dottor Parker, 
l'abortista per vocazione. 
Fu quando insegnava all'Università alle Hawaii 
che ricevette la vocazione che lo condurrà a fare aborti
fino al sesto mese di gravidanza. 
Un amministratore intendeva interrompere gli aborti 
nella clinica universitaria; 
Parker sentì "la chiamata" riflettendo su un sermone 
di Martin Luther King sulla parabola del buon samaritano. 
Il pastore assassinato poneva la questione 
di che cosa rendesse buono il Buon Samaritano; 
la risposta fu che quelli che non si erano fermati avevano pensato: «che cosa mi succederebbe 
se mi fermassi per aiutare questo tizio?», 
ma il Buon Samaritano aveva invece invertito la domanda: 
«Che cosa succederebbe a questo tizio 
se non mi fermassi ad aiutarlo?». 
Fu questo a fare domandare al dottor Parker: 
«Che cosa succederebbe a queste donne 
se l'aborto non fosse disponibile?». 
A leggere sono rimasto impressionato.

Ma come avevo fatto in quasi venticinque anni di professione
a non pensarci prima. 
Devo confessarvi che il mio entusiasmo è un po' scemato 
quando ho riflettuto sul fatto che se l'argomento 
del Buon Samaritano andava bene per l'aborto 
perché non avrebbe potuto andare anche per altro? 

Anche Adolf Heichmann, l'organizzatore dello sterminio degli ebrei, avrebbe potuto dire qualcosa di simile quando fu catturato e processato in Israele, qualcosa del tipo: 
«Hei, che cosa sarebbe successo al mio povero capo Reinhard Heydrich se il mio aiuto non fosse stato disponibile?». 
È una genialata capace di garantire l'aureola a tutti:
hai rubato? 
Che cosa sarebbe stato dei tuoi figli se non l'avessi fatto! 
Hai ammazzato una suocera?! 
Che cosa ne sarebbe stato della povera nuora?! 
Tutti cavalieri, tutto Buoni Samaritani, ma che dico, di più, 
tutti emuli del dottor Parker,
l'uomo che dice di "fare gli aborti perché è cristiano". 
Certo che se ne impara sempre una: 
.........io per esempio non sapevo 
che alle Hawaii 
crescessero 
i funghi allucinogeni.....

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