Venerdì –  XXV settimana del Tempo Ordinario
Toglie il fiato la posia del Qoèlet. Il celebre passo sul tempo riservato a ogni cosa sotto il cielo sembra inquadrare l’avventura del vivere dentro un certo fatalismo. Tutto è già disposto. ogni cosa ha già la sua collocazione: le lacrime e i sorrisi, fortuna e sfortuna, pace e guerra. Per ogni cosa e il suo contrario esiste un tempo stabilito in questo mondo. 

Tutto ha il suo momento, e ogni evento ha il suo tempo sotto il cielo. 
C’è un tempo per nascere e un tempo per morire, 
un tempo per piantare e un tempo per sradicare quel che si è piantato (Qo 3,1-2)

Se volessimo cambiare metafora, potremmo dire che lo spartito della storia è già completo di tutte le sue parti; nessuna manca all’appello. Per giunta, ciascuno di noi non può che mettere a fuoco solo quella misura di spartito che è chiamato personalmente a eseguire con lo strumento della sua vita. Ma nessuno può cogliere la visione d’insieme della composizione intera, se non  Dio solo. 

Egli ha fatto bella ogni cosa a suo tempo; 
inoltre ha posto nel loro cuore la durata dei tempi, 
senza però che gli uomini possano trovare la ragione 
di ciò che Dio compie dal principio alla fine (3,11)

A ben guardare, però, questo invalicabile confine di non conoscenza dischiude una grande speranza per ciascuno di noi. Ci sgrava dalla preoccupazione — per non dire dall’ansia — di dover conoscere e controllare i tempi in cui il disegno della nostra vita si compie. Le cose più importanti, infatti, non sono quelle che pianifichiamo o acquistiamo con sforzo e fatica, ma quelle che accadono. Come il nascere e il morire, l’innamorarsi o il rimanere soli, essere sani o ammalarsi. È quanto il Signore Gesù prova a insegnare ai discepoli, annunciando loro che non può incutere timore sapere che il tempo sta diventando il “suo” momento per morire e per risorgere. È una necessità che si impone a chi ha conosciuto l’amore di Dio. 

«Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, 
dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno» (Lc 9,22)

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