Ogni paralitico dovrebbe avere quattro amici...........

“Allora tu, Cristina, parlerai del paralitico. 
Sì, proprio quello lì, 
quello del secondo capitolo del vangelo di Marco”
“E chi non conosce la storia?” penso tra me e me. 
E vado a rileggere il brano, giusto per sicurezza, per ripasso. 
Ma mentre lo leggo mi accorgo di un particolare importante, fondamentale per la nostra vita. 
Come è successo che in tanti anni 
non abbia mai fatto caso a quel particolare?

Ma quante volte l’avrò letto quel brano di vangelo? 
Ma avrò la testa dura?


“Gesù entrò di nuovo a Cafàrnao, dopo alcuni giorni. 
Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone 
che non vi era più posto neanche davanti alla porta; 
ed egli annunciava loro la Parola.
Si recarono da lui portando un paralitico, 
sorretto da quattro persone. 
Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, 
fatta un’apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: 
«Figlio, ti sono perdonati i peccati».


“Figlio”! 
Nella realtà è scritto téknon che significa bambino, piccolo mio. 
È un termine molto affettuoso, paterno. 
Chissà cosa darei per sentire la voce di Gesù che mi chiama così. Lo so: “beati coloro che pur non avendo visto 
(o sentito, aggiungo io), crederanno”. 
Però sarebbe così bello sentirlo con gli orecchi 
quell’amore infinito, affettuoso, totale. 
La fatica della fede credo sia anche questo; 
alzare le antenne del cuore per sentire ugualmente 
quell’amore infinito che sempre ci è vicino. 

“Cafarnao”! 
Il nome stesso di questo villaggio 
è tutto un programma di salvezza.
In ebraico “Kafar  Nahum“vuol dire il villaggio di Nahum 
e Nahum è “la persona consolata”. 
Gesù torna e ritorna varie volte a Cafarnao; 
è lì per consolare e ridare luce al buio del dolore. 
E’ per questo che la gente lo cercava: 
Lui non saliva sulla cattedra di teologia 
ma scendeva nei sotterranei del male 
per ridare il bene e la speranza a tutti.

Ma andiamo al particolare che non avevo mai notato 
e che mi fa dire: 
“Quanto è fortunato il paralitico di Cafarnao
Quasi quasi lo invidio. 
Lui ha grandi amici: 
forti, fantasiosi, tenaci, creativi. 
Sono il suo magnifico ascensore 
e strappano l’ammirazione del Maestro: 
“Gesù vista la loro fede…”. 
La loro, quella dei quattro portatori, 
non del paralitico.

In tanti anni di lettura di questo brano, 
io mi sono sempre concentrata sul paralitico 
e sulle polemiche che i farisei fanno con Gesù, in quel frangente.

Sono certo che se anche fossi stato un coetaneo di Gesù, 
mi sarei ugualmente concentrato sul malato e sul miracolo. 
Gesù invece si concentra sulla fede dei quattro.

E proprio perché non gli sfugge questa fede ammirevole 
che si fa carico della paralisi del fratello, 
compie la guarigione!

Che fortunato quel paralitico! 
Lo ridico di nuovo.
Ognuno di noi dovrebbe avere quattro barellieri!

 Quattro amici/familiari che,
con intelligenza operosa e fede tenace, 
diventino le gambe delle nostre malattie 
e la speranza della nostra vita, 
affinché Gesù prenda il tutto e lo trasformi in resurrezione.

Gesù li ha ammirati quei quattro! 
Da lì è partita la sua decisione di guarire!

Gesù è fortemente attratto da chi si fa carico dei problemi degli altri.


Fortunato quel paralitico e fortunati noi quando, 
camminando nel buio del dolore, 
troviamo quattro amici disposti a prenderci in braccio 
per spostarci fino a farci rivedere le stelle del cielo. 

Non parliamo poi della gioia che si deve provare 
quando diventiamo noi i quattro barellieri! 
Dona gioia a una persona 
e la ritroverai moltiplicata sul volto dell’altro.

Facile, no?!

Provare per credere. 

Quante volte, nella mia vita, ho avuto qualcuno vicino 
che ha sognato al posto mio! 
Quante volte mi è capitato di avere amiche ed amici 
che mi hanno preso in braccio 
per portarmi fuori dalla grotta oscura 
dove ero caduta, 
per farmi riprendere fiato con l’ossigeno divino!

Tante...

Anzi, ho notato che Dio è proprio felice 
quando ci vede così solidali! 
Mi sono accorto, infatti, che dopo azioni del genere, 
Lui rafforza i muscoli dei barellieri 
e regala energie nuove al paralitico guarito.

Una specie di risurrezione di gruppo.

Si arriva al punto che non ci sono più differenze 
tra chi ha aiutato e chi è stato aiutato: 
all’improvviso piovono doni per tutti, dal Cielo!

E che dire della frase: «Sei perdonato»..
Perdonare, nel Vangelo, è un verbo che indica un movimento. 
Non è statico.

Avete presente una nave che salpa, 
un convoglio che si rimette in marcia, 
un’aquila che spicca il volo, u
na freccia liberata nell’aria….

Il perdono di Cristo non è un colpo di spugna sul passato. 
Cancellato il passato. 
Pulito. 
Fatto. 
Finito.

E’ molto, ma molto di più!

E’ Gesù che si mette a dare un colpo di remo 
alla barca della nostra vita 
e ci rende capace di riprendere il via.

E’ la spinta che Lui dà ai pedali della nostra bicicletta 
oramai ferma. affinché riprendiamo la corsa.

E’ un soffio di vento sul nostro aquilone, 
perché ci alzi verso il futuro!

Via quella barella! Via quel peccato che ci blocca! 
Via quella paura che ci fa ridiventare come Adamo ed Eva; 
alla ricerca di un cespuglio per non farci trovare da Dio.

Rialziamoci in piede, lasciamo la posizione orizzontale 
e riprendiamo quella verticale.

Il peccato è come una paralisi nelle relazioni, 
un irrigidimento, una riduzione del vivere.

Sei perdonato.

Senza averlo meritato, 
senza aver fatto nessuna espiazione preventiva, 
senza condizioni.

Solo perché esiste un Padre 
che prova una gioia pura 
nel vederci riprendere il cammino liberi, 
illuminati dal sole, 
sotto quel Cielo che è la nostra vera casa............

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