Disuguaglianze sociali
Il teorema che rigenera la ricchezza

di Gianni Epifani
Sacerdote rogazionista, giornalista e regista
della Santa Messa di RaiUno


Ci voleva Thomas Piketty a farci realizzare 
che i ricchi diventano sempre più ricchi 
e che le disuguaglianze sociali stanno aumentando? 
L’exploit di questo giovane economista francese
ha messo sotto i riflettori un’evidenza inconfutabile. 
Nel suo best seller, dal titolo L’economia nel XXI secolo, 
spiega che – indipendentemente dal fatto che ci sia o no 
una congiuntura economica sfavorevole 
– solo chi possiede ricchezze (immobiliari, finanziarie, 
un tempo legate ai latifondi), 
potendole investire nelle forme di volta in volta 
ritenute più redditizie, incrementa il proprio patrimonio. 
Attraverso l’analisi di tre secoli di storia economica, 
dimostra che i rendimenti del capitale 
(le ricchezze in senso lato) 
sono sempre stati maggiori di quelli del reddito da lavoro. 
In altre parole, una normale entrata permette di vivere 
(o sopravvivere in certi casi), 
la ricchezza consente di fare operazioni 
che portano altra ricchezza.
La sintesi di questa analisi è che ineluttabilmente 
la ricchezza si accumula solo nelle tasche di pochi, 
a discapito di tutti gli altri.
La novità di questa tesi non sta certo nell’effetto, 
ma nella causa: 
il divario tra ricchi e poveri aumenta non perché ci sia crisi, 
ma perché è l’economia che funziona in questo modo; 
è così da sempre, sarà così per il futuro.
La teoria economica di Piketty sta facendo il giro del mondo 
e la sua analisi sta riscuotendo più apprezzamenti che critiche,
nonostante l’autore individui la guerra
come unico fattore capace di arrestare questo trend 
e azzerare le disuguaglianze sociali che esso crea.
Per quanto sia empiricamente inconfutabile
il fatto che pochi ricchi siano sempre più ricchi, 
l’idea di non poterci fare nulla è frustrante. 
Ma non è poi così vera. 
Lo stesso autore indica una strada percorribile 
per contrastare la sua stessa teoria economica: 
tassare molto chi ha molto e sostenere la crescita economica, 
per fare stare meglio chi ha meno.
Sono queste due delle leve strategiche 
delle attuali politiche economiche, che proliferano 
di ricette finalizzate a sostenere l’economia reale. 
Reddito minimo, salario minimo, social card, 
potenziamento del welfare, ne sono alcuni esempi. 
Ma sono soluzioni o palliativi?
A sentire quelli della Fondazione Zancan, 
promotori di un Rapporto sulla lotta alla povertà, 
misure così sono inutili, se fini a se stesse. 
Serve virare verso il cosiddetto welfare generativo, 
cioè un sistemache orienta i circa 51miliardi di euro 
destinati in varie forme all’assistenza sociale “passiva” 
verso soluzioni che generano nuove risorse, 
che responsabilizzano i destinatari, che danno loro dignità 
e che producono qualcosa di utile e fruttuoso per il Paese. 
È un modello, questo, che sostituisce 
il sussidio con lo stipendio, 
la spesa con l’investimento, 
il mezzo con la persona. 
E poi, è anche un modo per
far fruttare un ingente capitale così, 
se la legge di Piketty è fondata
– ma questo lo ha già dimostrato Keynes nel secolo scorso – 
allora quei 51 miliardi di euro, ben investiti, 
possono produrne tanti di più… 
a vantaggio di molti, però.....

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