ASSOCIAZIONE COMUNITA' PAPA GIOVANNI XXIII

«C'è un incontro che mi aspetta, per questo sono in Iraq, 
anche se ancora non so bene l'ora, 
né il luogo di questo incontro», racconta Carlo, 31 anni, 
(nella foto in un campo profughi) 
dopo poche settimane dall'avvio della fase esplorativa 
di #apg23 a Baghdad. 

«In città girano più armi che pane, 
il livello di tensione è alto, qui ti puoi rendere conto 
di quanto poco valga la tua vita. 
Ogni sera senti i colpi d'arma da fuoco; 
io cerco di uscire il meno possibile; 
la città d'altro canto cerca di costruire una sua normalità 
(ogni occasione è buona per far festa), 
ma d'improvviso arrivano echi di attentati, 
e si scatena il panico».

«C'è il rischio di rapimenti; 
le Ong lavorano tutte in ambienti protetti; 
anche noi prendiamo precauzioni. 
Eppure venerdì, che qui è il giorno di festa, 
sono andato alle giostre. 
Stiamo verificando di aprire un'accoglienza: 
per condividere la vita qui con chi rimane più indietro, 
con chi è lasciato solo.

Io sono da 10 anni nella Comunità Papa Giovanni XXIII; 
ho studiato in seminario, 
ma qui respiro che questa 
è la vita autentica con il più povero, 
che si può fare!»

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