Rinascere nell’Amore




di Giovanni Paolo Ramonda



E’ un Natale un po’ particolare: 
di tensione, violenza, paura, incertezza.
Ma c’è questo Bambino, che è stato deposto nella mangiatoia, 
così com’era annunciato dai profeti Isaia e Michea. Questo evento stupendo che ha cambiato la Storia si è avverato. Non c’è più posto per la disperazione, ma per la speranza, la fiducia, per una scelta di responsabilità: lavorare per il bene comune, del prossimo, voler bene ai fratelli.
Come ha detto papa Francesco, alla fine della nostra vita saremo giudicati dall’Amore, ma anche salvati da Esso. Tutti i poveri che avremo aiutato, con cui avremo camminato, condiviso qualcosa, saranno quelli che ci apriranno le porte del Paradiso. Così come ci ha detto quel bambino che crescendo ha dato la sua vita per noi.

Ma riflettiamo. Il concetto di povero è cambiato, perché la povertà coinvolge i nuclei familiari. Non è più legata solo al singolo ma a questa crisi di identità che nasce anche dalla perdita del legame fondamentale, che è quello tra l’uomo e la donna; in crisi c’è la scelta di costruire una famiglia, educare i figli.
C’è dunque una povertà più profonda. Una volta era solo materiale, ma questo paradossalmente creava anche dei legami di solidarietà per andare avanti, per camminare insieme; oggi invece la povertà è più “intima”, va a ferire le pieghe dell’anima e quindi frantuma le relazioni fondamentali, innesca drammi esistenziali imponenti.
Omicidi, suicidi, lotte fratricide, sul posto di lavoro. Accade ogni bruttura, avendo perso la base sicura, il riferimento della lettura antropologica della visione cristiana, cioè il legame dell’uomo con Dio e degli uomini tra di loro, nella solidarietà, nella ricerca del bene.
Oggi senza più questo riferimento nel Bambino che è nato, siamo nella più totale confusione sulla identità umana. Riscoprire la Natività vuol dire anche riscoprire il significato stesso dell’esistenza, per l’intero genere umano.

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