Mercoledì 27 gennaio – Parola come seme

Mercoledì 27 gennaio - Parola come seme
In quel tempo, Gesù si mise di nuovo a insegnare lungo il mare. E si riunì attorno a lui una folla enorme, tanto che egli salì su una barca e là restò seduto, stando in mare, mentre la folla era a terra lungo la riva. Insegnava loro molte cose in parabole e diceva loro nel suo insegnamento: «Ascoltate. Ecco, uscì il seminatore a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada e vennero gli uccelli e la divorarono. Un’altra cadde fra i sassi, dove non c’era molta terra, e subito spuntò perché non c’era un terreno profondo; ma quando si levò il sole, restò bruciata e, non avendo radice, si seccò. Un’altra cadde tra le spine; le spine crebbero, la soffocarono e non diede frutto. E un’altra cadde sulla terra buona, diede frutto che venne su e crebbe, e rese ora il trenta, ora il sessanta e ora il cento per uno». E diceva: «Chi ha orecchi per intendere intenda!». Quando poi fu solo, i suoi insieme ai Dodici lo interrogavano sulle parabole. Ed egli disse loro: «A voi è stato confidato il mistero del regno di Dio; a quelli di fuori invece tutto viene esposto in parabole, perché: guardino, ma non vedano, ascoltino, ma non intendano, perché non si convertano e venga loro perdonato». Continuò dicendo loro: «Se non comprendete questa parabola, come potrete capire tutte le altre parabole? Il seminatore semina la parola. Quelli lungo la strada sono coloro nei quali viene seminata la parola; ma quando l’ascoltano, subito viene satana, e porta via la parola seminata in loro. Similmente quelli che ricevono il seme sulle pietre sono coloro che, quando ascoltano la parola, subito l’accolgono con gioia, ma non hanno radice in se stessi, sono incostanti e quindi, al sopraggiungere di qualche tribolazione o persecuzione a causa della parola, subito si abbattono. Altri sono quelli che ricevono il seme tra le spine: sono coloro che hanno ascoltato la parola, ma sopraggiungono le preoccupazioni del mondo e l’inganno della ricchezza e tutte le altre bramosie, soffocano la parola e questa rimane senza frutto. Quelli poi che ricevono il seme su un terreno buono, sono coloro che ascoltano la parola, l’accolgono e portano frutto nella misura chi del trenta, chi del sessanta, chi del cento per uno». Marco 4,1-20.

Sei in mezzo al mare.
E io qui, a riva.
Pochi metri d’acqua tra me e te.
Sento la tua voce.
Ma vorrei stare ancora più vicina.
Senza nulla che ci divida.
Quando esco dalle tue mani.
Mi sento mangiata.
Mi sento bruciata.
Mi sento soffocare.
Mi sento sterile.
E, poi, all’improvviso, una parte di me inizia a vivere di nuovo, a dare frutto.
Molto frutto.
Tu non mi lasci mai.
Anche se esco dalla tua mano.
Tu non mi abbandoni mai.
Anche se siamo lontani.
Tu sei in me.
Fiorirò, vivrò, darò frutti.
Che sono i tuoi.
Io so di te.
Io vengo da te.
Io torno a te.
Parola come seme.
Non basta essere terra.
Ce ne vuole tanta.
Per proteggere le radici ce ne vuole di quella buona.
Per nutrire le radici ci vuole che si richiuda sul seme.
Per coprire e nasconderne la delicatezza.
E poi ci vuole tempo.
Perché il seme muoia.
Perché la pianta nasca.
Perché il frutto sia pronto.
Sono terra.
Da aprire.
Da solcare.
Da penetrare.
Da attendere.
Da cogliere.
Sei il mio seme.
Saprò proteggerti.
Dammi tempo.
Insegnami la pazienza.
Di Don Mauro Leonardi

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