Indonesia: Sant’Egidio chiede moratoria per pena di morte durante il Giubileo

Appello della Comunità al governo di Jakarta contro le nuove esecuzioni capitali annunciate questa settimana. Forte mobilitazione della Chiesa e della società civile
Gli appelli della comunità internazionale non sono stati ascoltati. Ma in Indonesia la notizia non è passata sotto silenzio. Perché in questo Paese la società civile ha ormai un peso e i cattolici sono in prima fila nella campagna a difesa dei diritti umani e della vita. Così, non appena le autorità indonesiane hanno reso noto che una nuova serie di esecuzioni capitali sarà effettuata entro la fine della settimana è partita una forte mobilitazione e un appello per la moratoria durante l’Anno Santo della Misericordia, lanciato dalla Comunità di Sant’Egidio.
Nonostante non siano confermati i nomi dei condannati, si parla di 14 persone, per lo più stranieri – quattro nigeriani, insieme a cittadini di Senegal, Sierra Leone, Zimbabwe, Pakistan, India e quattro indonesiani – accusati di reati legati al traffico di droga. Sarebbe, se confermata, la terza ondata di esecuzioni in Indonesia dall’elezione del presidente Jokowi.
Subito dopo avere appreso la notizia, alcune associazioni indonesiane che si oppongono da tempo all’applicazione della pena di morte nel Paese – come la Comunità di Sant’Egidio, Migrant Care, ed altre realtà non confessionali – si sono riunite, martedì scorso, di fronte al palazzo presidenziale per manifestare il loro dissenso e rinnovare la richiesta di una sospensione delle esecuzioni.
La Comunità di Sant’Egidio, in una lettera inviata al presidente Jokowi, ha rivolto un appello perché, secondo quanto chiesto anche da Papa Francesco nei suoi ripetuti appelli contro la pena capitale, venga osservata una moratoria nel corso del Giubileo della Misericordia.
La Conferenza Episcopale aveva fatto una richiesta analoga qualche tempo fa, anche in considerazione del fatto che la religione cattolica è ufficialmente riconosciuta, insieme alle altre religioni del Paese, dalla costituzione indonesiana, fondata sul principio della Panchasila (“Unità nella diversità”). L’arcivescovo di Jakarta, Monsignor Ignatius Suharyo, ha anche inviato una lettera a tutta la diocesi, ribadendo la posizione della Chiesa a favore della vita e chiedendo a tutti di pregare per i condannati.
L’appello di Sant’Egidio è stato reso pubblico ieri nel corso di una conferenza stampa a cui hanno preso parte diverse componenti della società civile indonesiana. A fianco ai cattolici ci sono infatti anche consistenti gruppi di musulmani – che hanno costituito l’HATI (acronimo che in indonesiano significa “cuore”), ovvero “Alleanza per il rifiuto della pena di morte”. Questo patto tra organizzazioni rende più forte la campagna contro la pena capitale e invita il governo indonesiano a considerare i diversi motivi per i quali è urgente fermare le esecuzioni: non solo la sacralità della vita, ma anche i troppo frequenti errori giudiziari e l’inefficacia di fondo della pena di morte come deterrente nei confronti della criminalità.
Sant’Egidio si impegnerà in questa campagna non solo nella capitale del Paese ma, attraverso le varie comunità presenti nel Paese, organizzando iniziative che avranno come titolo Non c’è giustizia senza vita.

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