logo pagina99

Social, la mania delle citazioni (sbagliate)

Con la rete si moltiplicano le frasi argute e a effetto attribuite ai grandi. 

Ma spesso errate. 

Perché l’intelligenza stillata in poche parole ha le sue regole

Ogni epoca ha i suoi vezzi. E anche i suoi demoni. Un tempo la citazione era un’arte, un raffinato strumento dialettico per gente colta ed educata da buone letture. Poi, come l’informazione, anche la citazione ha avuto la sua metamorfosi tecnologica. La rete e i social network sono stati motore e megafono della sua proliferazione: la frase a effetto, il commento intelligente preso a prestito, l’arguzia stillata in poche parole sono diventate l’aspirazione massima di opinionisti su Facebook o Twitter. Però la citazione significa anche appartenenza, segna una cultura di autori da cui attingere, indica un pantheon di riferimento da cui trarre pensieri e valori.
Per questo la citazione è un’arte e, come tutti le arti, richiede rigore. «L’esattezza nel citare è una qualità molto più rara di quanto si pensi», scriveva il grande filosofo Pierre Bayle nel suo Dizionario storico e critico. Aveva perfettamente ragione. Difatti con il moltiplicarsi delle massime, si sono moltiplicati gli apocrifi e le false attribuzioni. “Chi ha detto cosa” è diventato sempre più difficile da scoprire, nessuno verifica le attribuzioni e così ti ritrovi a leggere la stessa massima in bocca agli autori più disparati. Qualcuno allora ha pensato di correre ai ripari, come gli sviluppatori dell’app Instabook che, stando alle intenzioni, dovrebbe trovare autore e libro dal quale è tratta una certa frase – anche se, a dire il vero, non funziona poi così bene.
Non resta che affidarsi a qualche sito (non tutti affidabili, anzi) e ai vecchi cari libri – vi sono in commercio dizionari delle citazioni molto ben fatti. Va ricordata infatti una regola aurea: la citazione ha senso solo se pertinente. Non basta mettere parole in bocca a qualche illustre personaggio del passato per esprimere quelli che Omero chiamava “pensieri profondi”. Perché le false citazioni sono peggiori delle cattive azioni, come ci ha ricordato Rousseau (sempre che la paternità sia giusta).
Lo stesso vale per le false attribuzioni: pensiamo al «bisogna tirar dritti», sentito dire da un grande sciatore di slalom. Oppure alla massima «gli abusi inevitabili sono leggi di natura», non in bocca a Vauvenargues ma a Cesare Previti. E si potrebbe andare avanti a lungo, da Mastella a Berlusconi… Ai politici che amano le massime bisogna ricordare Malraux: «Non si fa politica con le citazioni». Tenendo sempre presente il grande Montaigne: «Anche sul trono più elevato del mondo si sta sempre seduti sul proprio culo».
Dal numero di pagina99 in edicola il 21 gennaio 2017

Commenti