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LETTERA DI UN PADRE AI SUOI FIGLI DOPO LA STRAGE DI MANCHESTER

Lo psicoterapeuta Alberto Pellai scrive ai suoi quattro figli riflettendo su quanto è successo. Il terrore non deve vincere, la paura non deve tarparci le ali per sognare e «nessun kamikaze mi convincerà che nella vita è meglio essere pieni di paura invece che pieni di entusiasmo e curiosità».

Cari figli l’attentato kamikaze al concerto di Ariana Grande a Manchester è stato forse il più brutto dell’ultimo quinquennio. Almeno per me, che sono vostro papà, questo evento è quello che ha messo maggiormente in crisi le mie sicurezze, i miei equilibri, il mio bisogno di padre di fornirvi sempre la protezione di cui avete bisogno e al tempo stesso di fornirvi un paio di ali per permettervi di sentire che il mondo sarà la vostra casa e che non c’è crescita senza esplorazione, senza ricerca del bello e del nuovo, senza desiderio di andare a cercare ciò che ci emoziona, che ci fa sognare. Per un giovanissimo, un concerto della propria popstar preferita è anche questo: è sogno, esplorazione, emozione, ricerca del bello e del nuovo. Chi decide di trasformare tutti questi elementi in un film dell’orrore, chi trasforma la “voglia di vita” in occasione di distruzione e terrore è un criminale. E si macchia del peggior reato che possa esistere sulla faccia della terra. Dopo un evento del genere, molte mamme e papà avranno cominciato a percepire che dare il permesso ad un figlio di partecipare ad un concerto potrebbe essere troppo pericoloso, potrebbe mettere a rischio la sua incolumità. Per cui, di sicuro, da oggi ci saranno molte più discussioni in tante famiglie rispetto ad autorizzare (o meno) la partecipazione ad un evento di massa che si svolge in un luogo all’aperto, dove è difficile mettere in atto procedure di controllo e di sicurezza tali da garantire al 100% l’incolumità dei partecipanti. Però, penso e temo che tra un po’ questa strategia del terrore colpirà a caso un nuovo target. Magari sarà un cinema, magari sarà un parco giochi. E allora i genitori si dovranno confrontare con la percezione di un nuovo rischio: potremo continuare a permettere a nostro figlio di andare a vedere un film insieme ai suoi amici oppure accompagnare il nostro bambino al giardinetto della città dove ci sono i suoi amici, la giostra e lo scivolo. E’ proprio questo che vuole un terrorista. Farci così tanta paura da non lasciarci più la libertà di vivere la nostra vita secondo i nostri bisogni e desideri. Le immagini della strage di Manchester sono traumatiche e quel trauma fa sentire spaventato ogni genitore che vede il proprio figlio uscire di casa per andare ad un concerto ad ascoltare la sua popstar preferita. Ma la stessa sera in cui a Manchester succedeva quel disastro in tantissime altre città del mondo la musica continuava a suonare. Centinaia di migliaia di persone in quella notte maledetta, hanno invece vissuto un’esperienza indimenticabile, hanno cantato, ballato, suonato. Hanno celebrato la vita. I telegiornali di questo non possono parlare, perché solo la morte che fa notizia. Il bello e il bene che riempiono la nostra quotidianità, che caratterizzano la nostra vita rimangono invisibili nei media, perché, grazie al cielo, noi esseri umani abbiamo imparato a renderli la normalità e la quotidianità della nostra esistenza. Non era così per l’uomo primitivo, che ogni giorno doveva rischiare la vita per procacciarsi cibo e garantirsi la sopravvivenza. Non era così per i nonni dei nostri nonni, che hanno combattuto guerre, sofferto la fame a causa delle carestie, faticato spesso a garantire la sopravvivenza ai propri famigliari.

La forza dell’essere umano è che, quando impara ad allearsi con gli altri, produce evoluzione e progresso. La forza dell’essere umano è che quando punta sulla cooperazione ne ottiene vantaggi infiniti e diventa più capace di resistere alle avversità della vita. E’ proprio vero: “L’unione fa la forza”. E allora, cari figli miei, io vi esorto a sentirvi ancora più uniti e connessi a tutti i vostri amici e compagni, di qualsiasi religione, etnia, provenienza essi siano. A coinvolgervi e a coinvolgerli in tutto il bello che la vita ha da offrirvi e concretamente vi mette a disposizione ogni giorno. E’ bello vedervi andare in giro per la vita e per il mondo, forti delle vostre sicurezze, contenti delle vostre amicizie, desiderosi di incontrare il nuovo, l’altro, il non noto. E’ vero: ogni volta che uscite di casa, c’è qualche rischio potenziale che vi aspetta. Dal quale io non posso proteggervi. Ma nella vita ho scelto, per voi ma in primo luogo per me, la strada della fiducia. Io ho fiducia in chi incontro. 
Non parto mai dall’idea che quel volto differente dal mio appartenga ad un potenziale criminale. E così vi invito a fare. Non smettiamo mai di guardare l’altro negli occhi, di essere amichevoli e accoglienti, di credere che la nostra vita valga la pena di essere spesa e vissuta ogni giorno nell’incontro e nella cooperazione invece che nello sconto e nella competizione.
Nessun Kamikaze potrà mai distruggere la mia voglia di regalarvi un paio di ali per spiccare il volo nella vita. Nessun kamikaze mi convincerà che nella vita è meglio essere pieni di paura invece che pieni entusiasmo e curiosità. Nessun kamikaze mi ruberà mai i sogni. Quelli che continuo a fare per me. E quelli che spero che voi non smettiate mai di fare. Abbracciamoci e alziamo lo sguardo. Se da una strage come quella di Manchester usciamo con l’idea che è necessario tenere gli occhi bassi e prepararci allo scontro avremo perso tutti. 
No, nessun kamikaze trasformerà gli esseri umani in persone piene di odio e di paura. Lo spero davvero. 
Per me, per voi, per tutti.

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