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Le Lettere di Sergio – I miracoli del percorso esperienziale per gay e lesbiche “AGAPE”

Caro don Mauro,
        sono appena tornato da Agape Centro-Sudun percorso esperienziale per ragazze e ragazzi omosessuali. Tre giorni fatti di incontri, feste, giochi, laboratori, gruppi, condivisioni, danze, teatro, sport, conferenze, meditazioni, amicizia e amore nel verde di Albano laziale. Agape si svolge da ben dodici anni presso le splendide e accoglienti strutture della scuola dei padri somaschi e con la direzione di uno staff di persone speciali capeggiate da Antonio De Chiara, presidente dell’associazione “Ponti Sospesi”. Non riesco a capire come non sia venuto prima a conoscenza di questo fantastico campo e del suo omologo della durata di una settimana: Agape Nord!
        Ho una gioia nel cuore che mi porta a chiederti: cos’altro può desiderare di più un essere umano del confrontarsi, raccontarsi ed aprirsi vicendevolmente con i propri simili? Cosa può esserci di più bello del gioire insieme – in mille modi creativi – per il fatto di scoprirsi esseri umani completi, sollevati, liberi ed in cammino? E poi, cosa può esserci di più risorgivo dello scoprire la forza della vita e la voglia piena di vivere, accettarsi e farsi accettare?
        Ed ancora, chi può testimoniare di più un tale genere di risurrezione se non proprio chi tutto questo, nella sua vita, non l’ha per forza potuto sempre dare per scontato?
Permettimi anche di chiederti se non credi che sia stato Dio a desiderare che tutto questo riconoscimento risorgivo avvenisse nell’abbraccio della sua Chiesa e non presso un palasport, un villaggio turistico o un centro sociale. Con la porta aperta a tutti: credenti, non credenti e dubbiosi. E come non gioire nel vedere che un percorso laico arriva dritto ai cuori di uomini e donne proprio con gli stessi risultati che caratterizzano il senso della “religio” (=“unione”)? Come non vedere, in un’iniziativa come questa, anche il senso della missione della Chiesa del Risorto, cioè il fare festa uniti per riempire di luce, amore e risanamento se stessi e gli altri?
        Ci vorrebbe un libro intero per raccontarti le emozioni, le amicizie, i pianti e le risate, la consapevolezza, l’energia, la serenità e il divertimento che quest’esperienza mi ha offerto. Mi limito a raccontarti quello che per me è stato il momento apicale di questo intenso week-end: un’esperienza meravigliosa proprio nel giorno in cui la Chiesa ci ricorda che i discepoli di Emmaus, all’inizio, non avevano riconosciuto il Signore se non fino a quando ebbe compiuto il suo inconfondibile gesto di amore, gratitudine e dono di sé espresso attraverso lo spezzare il pane.
        Domenica mattina i coordinatori del campo ci fanno simulare la pianificazione dell’unione civile di coppie reali e fittizie, dividendoci in organizzatori (wedding planners), e coppie. Avevo partecipato a tutte le iniziative precedenti, ma stavolta voglio scappare: resistenze a mille, sono contrariato, a disagio e vorrei tanto imboscarmi in un prato a prendere il sole o in camera a leggere o a riposare. Tuttavia continuo, forse trainato dai sorrisi e dalle battute dei partecipanti. Si respira troppa autoironia e leggerezza per lasciarsi appesantire dalle paure. Decido però di non fare il membro di una coppia, ma il wedding planner. Un coordinatore ci forma come organizzatori dell’unione civile e un altro prepara le coppie al gioco.
Finalmente di nuovo in plenaria, nel momento dell’assegnazione di noi wedding planners alle coppie, vedo in lontananza una coppia reale di due ragazzi meravigliosi, entrambi credenti, che la sera prima mi avevano raccontato la loro dolcissima storia e la loro unità nella fede. Chiedo ed ottengo con gioia di essere assegnato a loro due e li raggiungo con i miei cataloghi fotografici per scegliere gli abiti, il luogo della cerimonia e della festa, il numero di invitati ed il prospetto per il preventivo. Li saluto affettuosamente e dò inizio alla simulazione, esordendo ironicamente col chiedere loro se sono davvero intenzionati a fare questo passo. Mi dicono che stanno insieme da due anni e mezzo, mi raccontano altri affascinanti dettagli della loro conoscenza avvenuta al week-end di crescita umana e spirituale organizzato annualmente dal Progetto Ruah a Barcis (PN). In pochi minuti mi fanno sognare con i loro racconti, mi divertono e si divertono per le loro decisioni sui festeggiamenti da fare nel giorno più importante della loro vita. La simulata procede e questi due nuovi amici mi avvolgono sempre di più nella meraviglia dei loro progetti romantici, di impegno e di casa. Un po’ alla volta i nostri sguardi emozionati, brillanti di lacrime trattenute e non, si incrociano alternativamente in tutte le combinazioni e mi trasportano sulle ali del loro amore, che ai miei occhi diventa sempre più verace, bello, chiaro, commovente. Gianluca e Andrea si stanno donando a me. Giunti alle firme del preventivo, li invito a scrivere le promesse che avrebbero letto davanti all’ufficiale di stato civile e, per loro scelta, anche davanti ad un sacerdote e agli invitati. La speditezza con cui entrambi riempiono i cartoncini colorati col discorso delle loro promesse d’amore è un ulteriore dettaglio che mi lascia incantato. Quando me le leggono mi si squarcia il cuore di gioia e commozione. Non è una simulata, è la reale organizzazione del loro sogno! Sono promesse che parlano dell’intensità del loro primo sguardo che, come il big bang, conteneva già tutto nel primo istante. Parlano di darsi e riceversi in dono incondizionatamente, davanti a Dio e davanti a duecento invitati, “fratelli e sorelle”. Parlano di accoglienza, di sostegno, di fecondità sociale e di presenza dell’altro quale presenza di Dio. Di un legame indissolubile, di una custodia reciproca delle rispettive vite, di un’unità che possa essere più forte di ogni chiusura del cuore o di ogni bufera o terremoto. Parlano di sigilli sui loro cuori. Ciò che più mi sorprende è che tutti e due usano termini simili, ricordando il primo sguardo, implorando la benedizione di Dio e auspicando una generatività sociale che derivasse dalla loro unione e che durasse per sempre.
        Alla commozione si aggiunge un gaudio che credo di non aver mai provato in vita mia: ecco il miracolo. Sento che il mio amore, avvelenato nell’infanzia dal bullismo, negli anni dal rifiuto, dalla paura e dalle disillusioni, finalmente viene risanato dalla testimonianza potente e sincera di questi due fratelli che ce l’hanno fatta. Quando poi leggono le promesse in plenaria, davanti a più di settanta persone, la gioia e la commozione raggiungono l’apice. L’assordante standing ovation, le grida, le lacrime ci uniscono in un corale “grazie!!!” “grandiiiii!!!” e si addensano su di loro e su tutti i presenti come un’ondata di amore, benedizione e partecipazione. Stesse incredibili emozioni alla lettura delle promesse d’amore delle altre coppie. All’uscita dalla sala continuo ad abbracciarli, insieme e separatamente. A ringraziarli e a benedirli con le braccia aperte. Tutti e tre commossi ci guardiamo negli occhi. Dietro di loro c’è il celeste luminoso del cielo di fine aprile, ma i loro occhi e i loro volti mi appaiono ancora più luminosi e divini. “Mi ardeva il cuore nel petto” (Sal 39, 4; Lc 24, 32) e di fronte a quella visione dico: “ragazzi, grazie, ero disilluso, impaurito e col cuore chiuso, ma oggi mi fate capire che il nostro tipo di amore ha una marcia in più, combatte contro tante avversità e tentazioni, prende ossigeno da ciò che può, ma se poi comincia a splendere, lo fa come Cristo che si solleva dal sepolcro. Io vedo voi due insieme e vedo Dio, ragazzi e la forza impetuosa dello Spirito santo. Mi fate immergere nei vostri sentimenti e nella testimonianza vivificante che l’amore omosessuale, tirato fuori dalla fossa, purificato, risollevato e guardato con occhi limpidi e aperti, è bello, luminoso, generoso, vero, rinnovato, possibile e potente come Gesù risorto!
Alla messa della sera portiamo in processione il pane e il vino, poi all’altare offriamo un brandello della plastica trasparente che ci ha avvolto tutti da capo a piedi come un inutile ed inefficace involucro da cui ci siamo liberati durante un esercizio di gruppo che ci ha portato a rivivere l’esperienza dell’oppressione e della chiusura. Poi offriamo una benda che simboleggia tutte le volte in cui non eravamo stati in grado di vedere il Risorto in noi ed infine i preziosi cartoncini con su scritte le promesse d’amore di Andrea e Gianluca (sono questi i nomi dei miei testimoni di risurrezione). Al termine della messa restiamo in pochi a salutare il sacerdote e un’intraprendente amica lesbica decide di far leggere a Gianluca e Andrea il contenuto immenso dei loro bigliettini davanti al padre somasco. Il prete rimane visibilmente edificato da questa testimonianza e con fare sommesso e prudente ci esorta a “camminare insieme alla Chiesa senza giudicarla”, ma “cogliendo i segni che manifesta nel suo percorso di discernimento”. Sento la voce schietta e viva di una Chiesa semper reformanda. A quel punto prendo la parola e dico al prete: “padre, oggi Dio ha risposto ad una mia preghiera. Ho chiesto al Signore di aiutarmi a discernere, di farmi capire se posso pregarlo di farmi incontrare un bravo ragazzo oppure no. Il mio cuore mi parlava già, a volte mi gridava. Gli ho dato voce in passato, ma fino ad oggi non lo riconoscevo più e avevo bisogno di dimostrazioni convincenti. Come san Tommaso, o forse proprio come i discepoli di Emmaus, c’era un velo che mi impediva di riconoscere la verità, ma la testimonianza di questi due fidanzati ha guarito e fatto ardere il mio cuore, ha riaperto i miei occhi: per un istante infinito ho visto in loro il Risorto”. E il prete ribadisce: “è importante cogliere i segni che il Signore ci manda”. Mi accorgo come l’Amoris Laetitia abbia chiarito, una volta per tutte, che ogni singola situazione, personale o relazionale, non può essere valutata a priori, né in senso sfavorevole né in modo positivo e i preti oggi non ignorano più questo modo di procedere.
        Agape non è un percorso per omosessuali credenti, ma pur essendo un campo composto da attività completamente aconfessionali, ha rafforzato non solo la mia fiducia in me stesso, ma anche la mia fede. Non lo so se San Paolo abbia sempre scritto da discepolo o se, in qualche punto, la sua umana natura di fariseo legato alla legge antica non sia venuta fuori di tanto in tanto. Forse le “passioni infami” (Rom 1, 26) da cui ci mette in guardia sono quelle che travolgono i sensi e ci allontanano da un progetto di elevazione, fedeltà, stabilità, solidarietà e tenerezza: da un progetto “casto”, nel senso di “preservato da ogni cosa che possa realmente inquinarlo o sciuparlo”. Non so nemmeno se ci sono solo cause naturali o anche “patologiche” nella genesi dell’omosessualità, ma nel secondo caso un tale raro amore sarebbe di certo la migliore “guarigione”. A me pare solo di aver riscoperto una fede che stoltamente vivevo come antivitale, ma che anche per me è finalmente risurrezione e vita. A me pare solo di aver visto coi miei occhi che la risurrezione di Gesù non è solo un evento che riguarda Lui né un evento in cui speriamo anche noi alla fine dei tempi, ma è anche la manifestazione della possibilità concreta e attuale di rinnovare tutte le cose umane attraverso la potenza accecante e indomita dell’amore, che non esclude proprio nessuno. Anzi desidera investire proprio le cose umane più osteggiate, perseguitate, bandite, ferite, flagellate, maledette, abbandonate da Dio e lasciate morire sulla gogna dolorosa della croce.
Sergio

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