L'offesa al sentimento religioso non aiuta la convivenza
di Ettore Malnati
«La mia libertà finisce dove inizia quella dell’altro».
Questa saggezza filosofica è oggi più che mai da applicare.
Non è ovviamente in discussione la libertà di stampa,
ma ad ogni diritto fa eco un dovere.
Se condanniamo giustamente coloro che hanno colpito
i redattori di Charlie Hebdo,
non possiamo non essere preoccupati
per una “miope” determinazione di “offesa satirica”
di “simboli” religiosi, siano essi ebraici, cristiani o musulmani.
Non è questa la strada per affermare e tutelare
il diritto alla satira e alla diversità di opinione.
La dissacrazione e l’integralismo sono attentati ai valori
come la libertà di pensiero e di religione,
che hanno bisogno di rispetto e di equilibrio in tutte le forme.
Sdrammatizzare e rendere più domestiche le varie “icone”,
sia religiose che culturali,
potrebbe essere una via per una sana esorcizzazione.
Vi è però il dovere di fermarsi di fronte a ciò
che potrebbe gravemente offendere quella sacralità
nei confronti di un sentimento religioso di persone e popoli.
Una vera laicità non solo non offende
il sentimento religioso di alcuno,
ma si prodiga per tutelare rispetto e libertà dei diversi percorsi
e convinzioni religiose.
Non tener conto di ciò che ha provocato con reazioni spropositate
e ingiustificabili la strage di Parigi è grave.
Certo la libertà di satira deve continuare
nel rispetto però di quelle “icone” che sono le fondamenta
di quei valori, che hanno diritto a non essere vilipesi,
bensì rispettati.
Ciò non giustifica certo nessuna azione di violenza.
Ma se vogliamo vivere in pace in una società ormai multiculturale,
non si può disattendere l’attenzione
verso ciò che è cardine di convinzioni culturali e religiose
di ogni componente etnica
che forma il tessuto sociale di una Comunità civile.
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