Enciclica sul Creato
La vocazione del custodire
di Gianni Epifani,
Sacerdote rogazionista,
giornalista e regista della Santa Messa di RaiUno
Laudato si’… e la mente corre a san Francesco
e al meraviglioso
inno al Creato scritto intorno al 1225.
Dal prossimo 18 giugno
Laudato si’ sarà anche l’enciclica –
la prima se si considera
che Lumen fidei è frutto di un impegno congiunto
con Benedetto XVI – del papa che ha ispirato
il suo nome e il suo pontificato al poverello d’Assisi.
Un parallelismo, quello tra i nomi e il titolo
con cui i due testi vengono comunemente citati
– anche questo di Bergoglio, sebbene la dicitura completa
contenga a seguire la frase sulla cura della casa comune
– che evoca, ineluttabilmente, l’amore per il Creato
cum tucte le creature manifestato da san Francesco
nella sua lode al Signore e che connota di aspettative,
nello stesso senso, la lettera pastorale del Santo Padre.
Del resto, sin dal primo momento della sua elezione,
papa Francesco ha fatto capire, richiamando proprio il Santo di Assisi,
che la cura del Creato,
inteso in un’accezione ben più ampia della sola natura,
sarebbe stata un tema centrale della sua azione pastorale.
Anzi, lo annunciò proprio, nell’omelia pronunciata
in occasione dell’inizio del ministero petrino,
il 19 marzo del 2013, quando spiegò:
“La vocazione del custodire […] non riguarda solamente
noi cristiani, ha una dimensione che precede
e che è semplicemente umana, riguarda tutti.
È il custodire l’intero creato, la bellezza del creato,
come ci viene detto nel Libro della Genesi
e come ci ha mostrato san Francesco d’Assisi:
è l’avere rispetto per ogni creatura di Dio
e per l’ambiente in cui viviamo.
È il custodire la gente, l’aver cura di tutti,
di ogni persona, con amore”.
In queste parole era già contenuto un annuncio chiaro,
un manifesto programmatico che il titolo scelto
per questa lettera pastorale conferma pienamente.
Creato ed essere umano sono parti di un medesimo progetto;
non si può considerare l’uno senza comprendere anche l’altro.
Ecco perché questa enciclica non deve essere intesa
solo come un invito a preservare la madre terra,
un proclama ecologico tout court.
Non è, per capirci, l’equivalente sul piano religioso
della dichiarazione di Rio de Janeiro,
firmata nel ’92 da oltre cento capi di Stato,
in occasione del primo incontro mondiale
sulla difesa dell’ambiente,
che all’articolo 1 sanciva:
“Gli esseri umani sono al centro delle preoccupazioni
relative allo sviluppo sostenibile.
Essi hanno diritto ad una vita sana e produttiva
in armonia con la natura”.
È qualcosa di più, che invoca l’armonia anche tra gli uomini,
che parla della cura dell’altro, di pace e di fratellanza,
di cuori solleciti e grati, che sanno perdonare,
proprio come – quasi otto secoli fa –
celebrava san Francesco nel suo inno,
dicendo a Dio: “Laudato si’,
mi’ Signore, per quelli che perdonano per lo tuo amore”.
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