ti racconto la parola
domenica 27 settembre 2015
Marco 9,38-43.45.47-48
Gli altri
Chiacchieriamo a vanvera, spesso e volentieri.
E no, non capiamo il Maestro quando parla di croce, né tantomeno di resurrezione.
Noi siamo tutti fermi al venerdì santo, sensibili alla tragedia, emotivamente rassegnati alla fustigazione perenne. Noi cattolici, poi, spesso abbiamo talmente stravolto il Vangelo da fargli dire l’esatto contrario.
E giù a parlare di croci, di fine del mondo, giù a lamentarsi di tutto, anche della Chiesa, della parrocchia, di questo papa o di quello precedente.
Abbiamo una personale Enciclopedia Treccani delle lamentele (con tanto di aggiornamenti annuali!) e un piccolo Bignami delle cose che funzionano.
Possiamo parlare di glorie effimere, come hanno fatto domenica scorsa di discepoli, nulla di più.
Ma di resurrezione no, proprio non ne sappiamo nulla.
Purtroppo.
E davanti alla sfida epocale di un mondo che si ribalta, di gente che fugge (non è in viaggio!) e che b ussa alle nostre porte non sappiamo che pesci prendere e la retorica del sogno europeo si è disciolta come neve al sole.
Chiacchieriamo a vanvera, anche noi discepoli, spesso.
Quanto ho ancora da imparare!
Confini
Noi e loro. Sempre.
Oggi ci nascondiamo dietro la distinzione religiosa (della serie: nessuno si ricorda di essere cristiano, né vive come tale ma davanti all’altro ecco tornare le appartenenze), nuova frontiera della paura.
Ho scritto altrove e voglio essere chiaro: rispetto la fede islamica ma prego perché i sottomessi (questo il significato della parola muslim) scoprano di essere figli come ci ha rivelato Gesù. Ma no, non sono affatto spaventato dell’islamizzazione dell’Europa, a meno che questa non avvenga con la violenza (e allora mi opporrò anche con violenza): un islamico potrebbe parlarmi per giorni di Allah e del Corano ma non mi smuoverebbe di un millimetro.
Abbiamo paura perché ci scopriamo fintamente cristiani, asfaltati da un cristianesimo innocuo e pantofolaio.
Ma il bisogno di distinguersi, di mettere dei confini, passa anche altrove.
Nel bisogno di distinguerci dalla mentalità m ondana, noi credenti.
Ed è bene che sia così, perché una differenza cristiana deve esistere e vedersi. Ma sempre nel rispetto e nell’amore verso quel mondo in attesa di salvezza cui apparteniamo.
Il peggio, però, avviene quando anche all’interno della Chiesa si erigono steccati, tragici perché ammantati di ineluttabilità divina. Novatori e conservatori, ortodossi ed eretici.
Giorni fa leggevo un tristissimo articolo che accusava il priore di Bose di essere un eretico light.
Che sconfinata tristezza…
Non è dei nostri
Rosicano, i discepoli.
Qualche versetto prima del brano di oggi Marco racconta al loro figuraccia: non sono riusciti a liberare un ragazzo indemoniato. Ora, invece, uno sconosciuto, un guaritore, usa il nome di Gesù per guarire altre persone.
Era consuetudine invocare i nomi di persone importanti, come Salomone, durante i rituali di guarigione. Gesù, ormai famoso, era entrato nel gruppo dei personaggi da invocare. Che carriera!
Notate la sottigliezza di Marco.
Giovanni (Giovanni!) non si lamenta col Maestro dicendo “non è tuo discepolo” ma: “non è dei nostri”.
Così come, nella prima lettura, lo Spirito scende su due che non erano stati prescelti per entrare a far parte del gruppo che avrebbe aiutato Mosè. Gesù, come Mosè, rassicura i discepoli, e noi.
Di Spirito ce n’è in abbondanza, non scherziamo. La Chiesa fa parte del Regno, ma non lo esaurisce.
Piccinerie
Quante volte facciamo anche noi come Giovanni, arrogandoci il diritto di scegliere chi è cristiano e chi no. Se avessimo il coraggio di osare, come fa Gesù! Lo Spirito aleggia dove vuole, e anche chi sembra all’apparenza estraneo alla logica del Vangelo può essere strumento della grazia.
Di più.
Questa logica esce dal recinto ecclesiale e contagia la nostra logica.
Anche in altre fedi troviamo i semina Verbi, frammenti del Verbo, e siamo chiamati a valorizzarle. L’unico modo di superare i fondamentalismi (di tutti i generi!) è coltivare la vera fede.
Anche nel mondo sociale e politico siamo invitati, soprattutto noi italioti!, a superare le barricate per vedere cosa ci accomuna invece di disertare la curva della squadra avversaria…
Gli altri
Esiste anche un settarismo “ad extra”, la voglia di difendersi da un mondo che sempre meno capisce e tollera la presenza cristiana. Dobbiamo impegnarci a fondo per ottenere quell’alchimia che da una parte connoti un’identità, quella cristiana, che ha diritto di cittadinanza, ma che dall’altro non diventi contrapposizione.
Non accogliere i semi che Dio sparge anche nel cuore di chi non sa o non dice di credere, dice il Signore, è uno scandalo gravissimo, il peggiore, meglio sarebbe buttarsi a mare con una pietra da macina al collo…
Se lo straniero, l’estraneo, riceve la ricompensa per un solo bicchiere d’acqua dato ad un discepolo, quanta ricchezza possiamo trovare intorno a noi!
Scandali
Pensiamo a noi, piuttosto, all’inizio di questo anno pastorale.
Gesù è chiaro ed esigente: appartenere a Lui significa fare delle scelte, a volte anche dolorose.
Togliamo di mezzo l’arroganza e il giudizio, la piccineria e la vendetta, tutto quello che ci impedisce di entrare nel Regno.
Non farlo significa morire, imputridire, essere dei morti viventi (il verme non muore).
E dell’immondizia.
La Geenna era una piccola valle che circonda Gerusalemme, maledetta dai rabbini perché lì vi si erano consumati sacrifici umani e destinata a bruciare l’immondizia. Gesù sta dicendo: se non sei disposto ad osare, a tagliare, a faticare per entrare nel Regno, rischi di essere come l’immondizia…
Siamo chiamati a vivere con leggerezza evangelica: è Dio che converte e salva il mondo.
Noi, al più, cerchiamo di non ostacolarlo…
Commenti
Posta un commento