Il cattivo esempio

di Angelo Perfetti

Un 25enne originario di Gabicce Mare, nel pesarese, lotta fra la vita e la morte dopo essere intervenuto in una discussione tra una coppia di fidanzati, suoi conoscenti, e colpito con un coccio di bottiglia al collo. Un gruppo di ragazzini ha aggredito a calci e pugni un 13enne a Pozzuoli, dopo averlo lungamente preso in giro. Il fratello 16enne della vittima è intervenuto in sua difesa ma è stato a sua volta aggredito a calci e pugni tanto da finire all’ospedale. Episodi che le cronache di queste ultime ore ci hanno consegnato, ma che rappresentano solo l’ultimo anello di violenze sempre più marcate, per di più tra i giovani.
Dobbiamo riflettere molto attentamente su quali valori stiamo trasmettendo alle nuove generazioni, perché in questi episodi troviamo il germe dell’intolleranza, quello dell’arroganza, il disprezzo della vita e, cosa più grave di tutte, l’abbandono dell’idea di giustizia. I giovani rimasti feriti, infatti, erano intervenuti per difendere il più debole. Un concetto che dovrebbe essere naturale in una società che voglia definirsi civile, e che invece vediamo proprio tra i giovani fare fatica ad albergare. Sono sempre i singoli che decidono di mettersi in gioco per aiutare chi è in difficoltà, e vengono spesso “eliminati” dal gruppo.
E’ una cartina di tornasole dell’evoluzione (o involuzione) dei nostri tempi. Se il messaggio che è ignobile prendersela con il più piccolo, il più indifeso, fosse un “dogma”, certe azioni neanche avverrebbero. Invece così non è: vale la legge del taglione, quella del più forte, del più scaltro. Al di là delle regole, al di sopra della ragione, oltre la stessa umanità.

Il business regola le azioni dei governi, senza farsi particolari scrupoli se gli ultimi restano tali e magari ne muore anche qualcuno… I ricchi blindano i propri interessi, lasciando il resto della società ad affannarsi per sopravvivere. Se questa è l’impostazione generale del mondo di oggi, come facciamo poi a pretendere che i ragazzi percepiscano valori diversi? La violenza è tale ad ogni età, ma si manifesta come è possibile a seconda del ruolo che si ha: può essere costruire un muro, togliere finanziamenti, così come estrinsecarsi in un calcio o un pugno. Dall’altra parte, nel grande come nel piccolo, c’è però costantemente chi non ha possibilità di reagire. E a mettersi in mezzo per riequilibrare la situazione sono sempre troppo pochi, spesso isolati, a volte vittime anch’essi.
Gli Stati, i governi, non sembrano credere davvero in un’educazione al rispetto dei più deboli, al mutuo soccorso; qualche campagna informativa, buone relazioni nelle sedi internazionali, ma le politiche di riequilibro delle disparità nel pianeta non cambiano, così come i valori di forza. Ma se non si parte da lì, non si arriva da nessuna parte.
Inutili quindi i grandi convegni dove si spendono parole per definire le criticità dell’educazione rispetto ai giovani e alla futura società. I nostri ragazzi sono ciò che mangiano, e il pane che viene dato oggi loro è di pessima qualità.

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