Dietro al paravento dell'ignoranza
di Maddalena Negri
Sì, c’erano dei precedenti. Probabilmente, purtroppo, temo non si rivelerà un caso isolato. Ma non sono sufficienti come alibi.
Lo scivolone, che sia dei servizi segreti oppure del governo non è più soltanto politico.
Ormai è sulla bocca di tutti, essendo finito su tutti i giornali, non solo nostrani, ma di tutto il mondo. Sto parlando naturalmente delle statue capitoline, coperte da un paravento grigio, in occasione della visita ufficiale del presidente dell’Iran, Rouhani. E, a dire il vero, i commenti, non sono particolarmente lusinghieri.
Diciamo che, ancora una volta, siamo riusciti a farci ridere dietro da tutti. Magari c’erano pure buone, se non ottime intenzioni, dietro ad una scelta simile. Probabilmente, c’era tanto buon cuore, ma, quasi sicuramente, ben poco cervello a presiedere le operazioni.
Ignoro di chi sia la colpa e non mi interessa neppure. Valuto ciò che vedo.
Se questo è il rispetto, ne abbiamo manifestato ben poco per noi stessi. E ancora meno per l’arte. Quindi, indirettamente, come ben ha evidenziato Sgarbi, per lo stesso ospite delle cui reazioni pareva fosse massima la preoccupazione.
L'arrivo del presidente Rouhani deve far riflettere sulla differenza tra una grande civiltà come quella persiana e l'Islam sotto il dominio di Maometto. [...] La Persia non è l'Isis e Rouhani non è Bin Laden. A Persepoli si vede la grandezza della civiltà occidentale. I persiani non rinnegano il loro passato, non ne occultano le testimonianze. Rouhani non poteva immaginare che quelle scatole occultassero nudi maschili di Roma Antica e non nudi pornografici. Nella statuaria antica il nudo è maschio - eroe, atleta o guerriero - mentre coperta è la femmina, come anche l'Islam richiede. Era insensato cercare d'interpretare un senso di pudore inesistente nella sensibilità di un iraniano colto.
Fino ad arrivare al paradosso più assoluto:
le rovine di Persepoli sono alla luce del sole in Iran e le rovine romane sono nascoste a Roma.
La cultura persiana, millenaria e persino più antica di quella greca e romana, che hanno fondato quella cultura classica che è stato il fulcro di tanti movimenti artistici europei, è ricca di storia e costellata di opere artistiche di raffinata bellezza e non indifferente ingegno tecnico, come potrà confermare chiunque abbia avuto possibilità di attestarlo per prova diretta. Possiamo infatti trovare, ad esempio, attestazioni architettoniche, già a partire dal 5000 a.C. e, nella stratificazione successiva, mostra grande varietà strutturale ed estetica, dimostrando di trarre spunto e prendere in considerazione le precedenti tradizioni ed esperienze.
Proprio la presenza di una cultura così antica e così radicata rende questo Paese, ancora adesso, peculiare rispetto agli Stati limitrofi.
Non dimentichiamo, infatti, che, tra le altre caratteristiche basilari dell'architettura persiana (introversione, struttura, proporzione, simmetria e anti-simmetria e minimalismo) possiamo contare proprio l'antropomorfismo, dettaglio che dovrebbe suggerire una visione del corpo umano non proprio gnostica, quanto meno, ma capace di vederne sicuramente delle positività intrinseche, almeno quanto basta per inserirle, di diritto, all'interno di opere artistiche.
Per quanto riguarda la letteratura dell'Iran antico, essa comincia con il libro sacro dello zoroastrismo, l'Avesta, le cui parti più antiche (le Gatha) risalgono a Zaratustra stesso (sec. VII-VI a.C.). A esse si contrappongono gli Yasht, o inni, che riflettono un'elaborazione della primitiva dottrina zoroastriana, contaminata con residui della preesistente religione naturalistica iranica. Tanto per dare un'idea di come, a livello culturale, non stiamo parlando di un popolo incapace di esprimersi o di lasciarne testimonianze storiche.
Né dalla ferrea volontà di cancellarle, ai giorni nostri. Dal momento che vi sono aree archeologiche di età antecedente all'invasione islamica perfettamente visitabili dal pubblico. Come l'acropoli di Atene o altri esempi simili che potremmo avvicinare a questo.
Tra tutte queste puntualizzazioni, vorrei soffermarmi soprattutto su un dettaglio.
È stata un’iniziativa spontanea, non richiesta dall’ospite. Non è stato richiesto un trattamento particolare, né alcun provvedimento al riguardo. Bastava poco: semplicemente, forse, informarsi un po’ di più per evitare di diventare lo zimbello della comunità internazionale, mostrandosi incapaci di valorizzare la Bellezza.
Ci siamo dimostrati ignoranti almeno quanto i fondamentalisti. Con un’aggravante, se possibile.
Mentre questi ultimi si premurano di distruggere i resti e le memorie di antiche civiltà diverse dalla propria, noi siamo riusciti ad oltrepassarli. Arriviamo a celare i fasti della nostra civiltà, la bellezza della nostra arte, in nome di un malinteso concetto di rispetto? Cose da pazzi!
Innanzitutto, forse è da rivedere il concetto stesso di rispetto, a partire da quello per se stessi e per quanto si è appreso in secoli di storia.
Ci abbiamo messo secoli ad imparare che il nostro corpo è, innanzitutto, dono di bellezza e manifestazione di quella stessa armonia che si fa presente in tutto il Creato.
Dovremmo rinnegarlo, di fronte alla vista di chi presumiamo (erroneamente, per di più) potrebbe esserne scandalizzato?
La realtà è che, come spesso accade, noi siamo il nostro peggiore nemico.
Che ciò ci sia da monito. Perché, una volta toccato il fondo, c’è da sperare
che si possa solo risalire!
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