Nessuno è straniero

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 Máxima Acuña Chaupe, 44 anni e meno di un metro e cinquanta di altezza, vive a Tragadero Grande, nei suoi 24,8 ettari farciti 
d’oro, e non intende andarsene.
I giornali hanno scritto che è solo una donna, indigena, analfabeta, eppure, da sola, si è opposta all’espropriazione della sua terra da parte di una grande multinazionale mineraria. Ha vinto la causa legale ma da allora ha cominciato a subire intimidazioni e violenze continue. E’ la storia di Maxima Acuña Chaupe, divenuta simbolo della lotta del popolo di Cajamarca per la preservazione dell’ambiente.
Maxima vive dal 1994 di agricoltura e pastorizia nella sua proprietà di Tragadero Grande, nella provincia di Celendin. Qui è presente la miniera d’oro gestita dalla multinazionale mineraria Yanacocha, nel 2010 il Governo Peruviano ha approvato il progetto “Conga” che significa un ampliamento di Yanacocha per un’estensione di 2000 ettari solo per il posizionamento dei macchinari e un investimento economico di 4800 milioni di dollari. In 19 anni Conga estrarrà tra le 480 e le 780 mila once d’oro e 90 mila tonnellate di rame all’anno per uno sfruttamento totale di 6 milioni di once d’oro. Per fare tutto questo Yanacocha ha bisogno
di distruggere 5 laghi sorgivi e acquisire le terre di molti privati, tra cui quelle di Maxima.
Ma Maxima non ha voluto vendere e, in seguito a un processo penale, a dicembre 2014, ha vinto la causa, diventando un sim-
bolo della lotta per il popolo di Cajamarca, ma anche ominciando a subire angherie e minacce di ogni tipo. Nel 2014 è stata nominata “Defensora del Año” dalla Rete Latino-americana delle Donne ULAM ed è stata oggetto di un’azione urgente di Amnesty International. Nel frattempo, poche settimane dopo la vittoria in tribunale, sono ripresi gli atti intimidatori nei confronti della famiglia: dallo scorso inverno, Maxima, suo marito e i suoi figli vivono quotidianamente una sorta di guerra psicologica, culminata nella costruzione di una rete metallica a circa duecento metri dalla loro casa, con vigilantes che, giorno e notte, spiano e fotografano le loro attività.
La recinzione ha ostruito i sentieri di montagna che collegavano Tragadero Grande alla vicina comunità di Santa Rosa e oggi l’unica via di transito, per Maxima, per la sua famiglia e per chiunque voglia raggiungere la loro casa, è una strada sterrata di proprietà dell’azienda.
«Difendendo la mia terra, sto difendendo la terra anche per la mia comunità. Però non riesco più a vivere. Un giorno la polizia
mi distrugge la casa, un altro giorno qualcuno mi uccide gli animali, un altro mi convocano per qualcosa che non ho commesso.
Mi tolgono il tempo per lavorare. Come faccio a guadagnarmi la vita?»

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