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UNA VIA CRUCIS DI SPERANZA
di Angelo Perfetti
Un grido disperato ha squarciato la notte romana. “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonata”. Lei era “inchiodata” su una croce davanti la Chiesa Nuova, in Corso Vittorio Emanuele. Le migliaia di persone che erano lì in quel momento hanno sentito un brivido scorrere lungo la schiena, e l’anima svegliarsi di colpo, come scossa da un torpore. Quell’urlo è stato uno dei momenti più toccanti della Via Crucis per le vittime della tratta, le nuove schiave del sesso, le prostitute come sbrigativamente vengono definite.
Donne che arrivano in Italia con il miraggio di un lavoro e che vengono sbattute in strada, al servizio del primo che passa. Non conoscono nessuno, non possono ribellarsi. Non hanno documenti, spesso non parlano neanche la nostra lingua; e così restano prigioniere di chi le ha sradicate dalla propria terra per farne carne da macello, spaventate dalle minacce di fare del male alle famiglie d’origine, terrorizzate di essere vittime di sortilegi voodoo. Realtà con cui conviviamo sulle nostre strade facendo finta di non sapere, perché non vogliamo vedere. Ci lasciamo ingannare dagli atteggiamenti ammiccanti, dai centimetri di pelle scoperta, e non pensiamo che quella vita orribile, finalizzata a soddisfare gli istinti più beceri di un uomo – se così è possibile definirlo – non può essere una “scelta”, perché nessuna donna nasce prostituta.
Sono per lo più ragazzine, alle quali viene distrutta la gioventù, sottratto il futuro; in molti casi persino il bene dell’intelletto, facendole precipitare nell’abisso della follia, unica via di fuga da una vita di torture fisiche e psicologiche. Molte di loro si vergognano di ciò che fanno, pensano alle loro mamme lontane e impazziscono all’idea che possano sapere cosa fanno. E noi, figli del mondo che si autodefinisce “civile”, ci giriamo dall’altra parte, dando uno schiaffo alla dignità umana e assolvendoci con la comoda bugia che “lo fanno per soldi”. Più di una ragazza su tre (37%) è minorenne, spesso poco più che bambina (dai 13 ai 17 anni). Altro che denaro, lo fanno perché costrette.
Roma si è fermata a riflettere su questa grande ipocrisia, che vede le ragazze ghettizzate, senza spendere una parola per i veri complici degli aguzzini, i clienti delle prostitute. Sono 9 milioni gli schiavisti che alimentano il mercato: senza la loro domanda, la tratta umana languirebbe.
Migliaia di persone hanno partecipato con canti e preghiere alla Via Crucis per le donne crocifisse organizzata da don Aldo Buonaiuto, della Comunità Papa Giovanni XXIII. Accanto a lui il cardinal vicario Agostino Vallini, che ha portato il saluto di Papa Francesco. E poi Giovanni Paolo Ramonda, responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII; don Fabio Rosini, direttore dell’Ufficio Vocazioni della Diocesi di Roma e ideatore del progetto “10 comandamenti”; Matteo Truffelli, presidente dell’Azione Cattolica; Salvatore Martinez, presidente del Rinnovamento nello Spirito; Raffaella De Marchis, del Cammino Neocatecumenale; suor Eugenia Bonetti, responsabile dell’Ufficio nazionale tratta dell’Usmi; padre Maurizio Botta, del cammino “I 5 passi”.
Ma non è stata una Via Crucis limitata alla sofferenza, bensì una finestra aperta sulla speranza. Il sogno di una vita diversa, dove chi è in difficoltà trova una mano tesa. Come quella di don Oreste Benzi, fondatore della Papa Giovanni XXIII, e dei suoi figli spirituali, quelli che attualmente in tanti Paesi del mondo aiutano migliaia di ragazze a togliersi dalle strade.
Su quelle strade la Via Crucis ha visto, oltre alle sette “stazioni” rappresentate, momenti di danza, musiche, canti, recitazione. La Capitale ha visto pulsare nel suo cuore quell’energia che solo la Fede riesce a trasmettere. “Forse le parole sciupano i momenti come questo – ha detto il card. Vallini – ma due in particolare hanno caratterizzato questa serata: perdono e grazie. Perdono per i silenzi, il disinteresse anche la sterile pietà che accompagna la vita di queste ragazze. Roma deve cambiare, perché ogni creatura merito rispetto”.
“E poi grazie, al grande cuore di don Benzi, – ha detto – infaticabile apostolo della Verità, e a chi ne ha compreso il messaggio e lo porta avanti vivendo in prima persona quelle periferie esistenziali così definite dal Pontefice”.
Migliaia di persone dunque, fiamme che hanno illuminato le vie della Capitale. Con un impegno preciso: prendere la croce di chi soffre e, come il Cireneo, portarla al suo posto.
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