don Marco Pozza
Fu Donna come nessun'altra: seppe stare ferma al posto datole. «Stabat mater dolorosa» (“La Madre addolorata stava”) canta l'antica sequenza cattolica attribuita a Iacopone da Todi. Stava alle esigenze del Cielo: a Nazareth come a Cana, fuori dalla sinagoga, anonima nel pretorio. Sotto la Croce, il mattino di Pasqua, nel giorno in cui calò lo Spirito. Nascosta alla luce, dietro le quinte: mai seduta, però. Indiscreta, al punto da scocciare il Cristo, solo nell'attimo in cui la speranza sta collassando, il mondo è a corto di gioia: «Non hanno più vino» (Gv 2,3). Quel dì, senza rendersene conto, mise in moto la macchina dei miracoli di Cristo: oppure lo sapeva così bene che, come tutte le madri, temette un'umana svista del Figliolo. Certe donne, alcuni giorni, fan delle cose che fan rimanere tramortiti: fanno muovere le braccia pure al Cristo. Tu potresti passare una vita intera a tentar d'imitarle, ma non saresti capace d'aver dentro quella leggerezza che hanno loro. Sono leggere dentro, d'anima. Stando al loro-posto, divengono l'avamposto ultimo di Dio. Da Nazareth a casa mia, passando per il Golgota.
Dalla casa di Nazareth, il suo banco-da-lavoro è sempre rimasto lo stesso: nelle giornate di vigilia apparirà Lei, in quelle di festa s'annuncerà Lui. I giorni senza l'Uno e l'Altra diverranno giorni-scoperti: nessuno si scordi che anche Satana ha i suoi giorni, i suoi miracoli. L'essere immondo odia quella Donna: è un odio della prima ora - «Una donna ti schiaccerà il capo e tu le insidierai il calcagno» (Gen 3,15) -, una questione di posizione: lui invadente, Lei modesta. Al punto che il Cielo Le assegnò il posto che le spettava per grazia, confermato sul campo: se l'assunse lassù, a favore di chi stava ancora quaggiù. Fu così che la donna-della-porta-accanto, quella che le amiche d'infanzia di Nazareth mai sospettarono portasse nel grembo Iddio, divenne la patrona del femminile. Dal quale discende il maschile, anche Dio: bella, dopo di Lei, non sarà colei della quale si esaltano le gambe o le braccia, ma quella la cui visione d'insieme è tale da far perdere di vista le singole parti. L'incanto sarà questione di grazia.
D'allora, tutto uguale ad allora: le donne belle il Cielo le lascia agli uomini senz'immaginazione, quelle vere le riserva per chi, umano, tenterà la vetta della santità. In quanto al femminile, il Cielo sa fare: «Donna, se' tanto grande e tanto vai, che qual vuol grazia e a te non ricorre, sua disianza vuol volar sanz'ali» (D. Alighieri) Qual merito, dunque, per tutta quest'iradiddio di esagerazione? E' tutto semplice: seppe fare spazio nei suoi sogni ai sogni di Dio, imparò a sognare gli altri come ancora non sono. Allenatasi ammaestrando all'Eterno dodici uomini di sana e robusta costituzione – i primi amici del suo Figlio – fu il mondo stesso, vistala all'opera, a tributarle il titolo giuridico di avvocata nostra: una custode per i giorni di appelli e sentenze, dispute e difese, arringhe e deposizioni. Il Cielo, saputolo, ci mise la firma: l'assunse a tempo-indeterminato, dichiaratamente a favore di tutte le esistenze a tempo-determinato: slabbrate, scucite, scordate. Sbeffeggiate. Delle storie orfane.
Ancor oggi – ch'è il tempo della vigilia prima del ritorno finale del Figlio – ama mostrarsi, per farsi trovare, a destra e a manca: le chiamano apparizioni. Quaggiù dicono: “Madonna di Lourdes, di Fatima, del Pilar. Quella apparsa a La Salette, a Medjugorie”. Amano far competere i paesi, finendo per generare più madonne, l'una a sbalzare di sella l'altra. Una sola, invece, è la Donna: appare diversa perché, da Gran Madre qual'è, di ogni figlio conosce accenti, usanze e necessità. Per ognuno sceglie un posto diverso: il luogo e il tempo migliore per parlare cuore-a-cuore. Per questo fu assunta e non morì: perchè ognuno possa dire “l'ho vista” senza per questo sbugiardare chi, all'altro capo del mondo, sta giurando la medesima cosa. “Ti saluto, Maria. Saluta Gesù da parte mia”.
(da Il Sussidiario, 14 agosto 2016)
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