Una giovane ricattata
Rembrandt Susanna and the Elders, 1647 (4) |
È con una sorta di giallo giudiziario che continua la nostra visita a un’ideale galleria ove sono collocati i ritratti biblici di giovani donne esemplari, eppure sottoposte alla prevaricazione e persino alla violenza dei maschi, in questo caso di anziani bavosi e vogliosi. Ancora una volta la Bibbia si rivela come lo specchio dell’eterna commedia o tragedia umana nella quale Dio depone la scintilla del suo giudizio morale e il seme della verità. La vicenda che vogliamo ora proporre è narrata in una pagina di straordinaria vivacità letteraria, che vede come protagonista e vittima una splendida giovane donna ebrea, Susanna (è il nome di un fiore, tra l’altro caro al Cantico dei cantici, da alcuni identicato con il giglio rosso, da altri con l’anemone o persino con il loto).
Invitiamo a leggere la storia di questa giovane moglie nel testo originale, il capitolo 13 del libro di Daniele, una pagina che ci è giunta solo nella versione greca, un vero gioiello narrativo. La donna era felicemente sposata a un ricco ebreo di nome Ioakim, il quale abitava in un palazzo circondato da un parco ove ospitava spesso incontri e pranzi con i suoi concittadini. Tra questi invitati c’erano due anziani magistrati (i giudici erano eletti per un mandato a tempo) che si erano appassionatamente invaghiti di Susanna, senza però confessare l’un l’altro questa cieca attrazione, fino al giorno in cui si scoprirono insieme nel parco a spiare la donna nuda, mentre faceva il bagno nella piscina.
La tentazione li aveva travolti ed erano piombati sulla donna minacciandola di ricattarla: se non avesse ceduto alle loro voglie, essi avrebbero testimoniato che un giovane era con lei ed era stata da loro sorpresa in
flagranza di adulterio. Pur di non tradire in nessun modo suo marito, Susanna si mise a urlare facendo accorrere i servi ma, così, sapeva di cadere nella trappola ordita dai due perversi magistrati. Ormai per lei non poteva che aprirsi la via di un processo e la certezza della lapidazione, considerata la qualità perversa dei due suoi giudici.
È a questo punto che si ha un colpo di scena con l’ingresso nel tribunale di un giovane, Daniele, il cui nome è già un programma, perché in ebraico significa “Dio giudica”. Lasciamo ai nostri lettori di scoprire, leggendo il racconto biblico, l’escamotage con cui egli riesce a sbugiardare i due giudici accusatori e a riconsegnare la bella e casta Susanna alla sua famiglia nella pienezza della sua dignità. La tentazione che acceca è, certo, un tema costante in tutte le culture, come lo è la prevaricazione nei confronti della donna, che spesso diventa vittima non solo fisica attraverso lo stupro, ma anche nel giudizio ipocrita dei benpensanti.
È in questa luce che la tradizione cristiana, che ha tanto amato la figura di Susanna anche nella storia dell’arte, ha trasformato la sua vicenda in un simbolo dello stesso Cristo accusato e condannato ingiustamente. Il tema della tentazione e della sua forza che travolge come un turbine anche l’anziano e la persona perbene rimane, comunque, un monito per tutti, giovani e vecchi, persone colte e individui semplici.
È, però, signicativo in questo racconto che sia proprio un giovane a salvare la dignità e la vita di una sua quasi coetanea. Ed è triste quando sono gli adulti o gli anziani a spegnere questo ideale nel cuore dei giovani con il loro esempio perverso.
Diceva un’importante scrittrice, Anna Maria Ortese (1914-1998), in un’intervista: «Una delle cose peggiori è il corrompere, il far morire la fiducia e la speranza nei giovani e persino nei bambini... Aprire le finestre della vita e mostrare a tanti giovani non più un’alba di maggio ma solo le ombre di una sera senza stelle non fa onore agli uomini di 40 o 50 anni».
Commenti
Posta un commento