Cina, partito comunista ai cristiani:
non portate i bambini a messa
di Leone Grotti
«Una nota urgente delle autorità superiori vieta severamente ai bambini piccoli, agli studenti del primo e del secondo anno di scuola, e agli insegnanti, di recarsi in chiese cattoliche o protestanti». È questo il comunicato che si sono visti recapitare dalle sezioni locali del partito comunista le scuole del distretto di Yonglin, Wenzhou (Zhejiang), la stessa località dove ha avuto luogo la feroce campagna di demolizione di croci e chiese e il cui vescovo è stato fatto sparire.
«NON PORTATELI A MESSA». Gli insegnanti del distretto, rivela Ucanews, hanno poi informato i genitori, chiedendogli di non portare più i loro figli a messa. Le famiglie sono anche state informate che squadre speciali della polizia faranno verifiche nelle chiese. La stessa circolare è arrivata anche nel distretto di Ouhai, Wenzhou. «L’educazione religiosa dei minori troppo piccoli all’interno delle chiese mina gravemente il corso normale del sistema educativo».
SEPARARE EDUCAZIONE E RELIGIONE. L’obiettivo più ampio del partito è quello di «separare la religione dall’educazione» e «impedire alle religioni di infiltrarsi nelle scuole e insegnare ai bambini a resistere coscientemente alle sette religiose», come dichiarato questa estate dal direttore dell’ufficio educazione dell’Hunan, Liang Guochao.
CHIESE DEMOLITE. La persecuzione dei cristiani non riguarda solo queste due province: non si ferma a Wangcun, nello Shanxi, lo scontro tra il partito locale e la comunità cattolica. Le autorità hanno decise di requisire i terreni della Chiesa e di demolire il luogo di culto per edificare una piazza. I fedeli, che nel 2012 dopo un lungo contenzioso si erano finalmente visti restituire la cappella e il terreno, hanno protestato formando una barriera umana davanti al muro di cinta che delimita il territorio della chiesa, impendendo così alle ruspe di iniziare la demolizione. Molti fedeli sono stati feriti dai teppisti ingaggiati dal partito, mentre il vescovo della diocesi, monsignor Pietro Ding Lingbin, sta cercando di far ragionare le autorità.
ATTACCO ALLA LIBERTÀ RELIGIOSA. Da alcuni anni in Cina il diritto alla libertà religiosa ha conosciuto un’erosione significativa. Nel maggio del 2015 il presidente Xi Jinping ha affermato che «le religioni devono sinicizzarsi, essere libere da ogni influenza straniera» per «integrarsi nella società socialista e servire lo sviluppo della nazione». Dentro e fuori la Repubblica popolare, il discorso è stato accolto con entusiasmo ma, come dichiarato a Tempi da monsignor Savio Hon, arcivescovo e segretario della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, la realtà è fosca: «Alcuni hanno interpretato le parole del presidente come un appello al reciproco arricchimento tra Vangelo e cultura cinese. Ma sono stati gli stessi ufficiali del partito a spiegare ai fedeli che non è così: “sinicizzazione della religione” significa che i cattolici devono sottomettersi al partito. La formazione dei preti e delle suore, la teologia, perfino la liturgia e le leggi ecclesiastiche devono seguire l’ideologia comunista. Ma una Chiesa costretta ad obbedire al partito e non al Papa non è più cattolica».
Foto Ansa
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