il blog di Costanza Miriano

Fino a quando sulle nostre spirituali rovine sarà celebrata l’Eucarestia, esse potranno risorgere

dall’ omelia del Card. Carlo Caffarra per la solennità di sant’Agostino
Pavia, 28 agosto 2016
[…]   Le nostre città, la nostra nazione, la nostra Europa stanno attraversando una crisi mortale. La cifra della loro agonia è il freddo inverno demografico che stiamo attraversando. La parola che Dio rivolge a noi pastori ci costringe ad alcune domande: stiamo compiendo l’opera di annunciare il Vangelo o ci accontentiamo di esortare le persone a buoni sentimenti morali, quali per esempio tolleranza, apertura, accoglienza? Non dobbiamo essere sordi al vero bisogno, alla struggente necessità che abita nel cuore di uomini e donne che vivono con ansia i giorni cupi e tristi che stiamo attraversando. Non dobbiamo, noi pastori, essere sordi all’angoscia che abita nel cuore di padri e madri, che pensano con paura al futuro dei loro bambini. È necessario che i pastori della Chiesa testimonino, dicano che dentro ogni istante, dentro ogni evento abita una Presenza, un Ospite che guida tutto ciò che accade al bene di coloro che Dio ama.
Fino a quando sulle nostre spirituali rovine sarà celebrata l’Eucarestia, esse potranno risorgere. Le pie esortazioni morali lasciamole ad altri.
Quando il 24 agosto 410 Alarico I re dei Visigoti saccheggiò Roma, nello sconcerto generale – era dal tempo di Brenno che non accadeva – Girolamo scrisse: «è occupata la città che aveva occupato il mondo intero» [Lettera a Principia CXXVII,12; CSEL, t. LVI, pag.154, 16]. Ed aggiunge con un’immensa angoscia: «in una sola città tutto il mondo è perito». Girolamo non vedeva più futuro.
Ben diversa fu la reazione di Agostino. Egli non soffre meno per le notizie che gli arrivano da Roma. «Ci sono state trasmesse cose orrende: stragi, incendi, rapine, uccisioni, torture… su tutte abbiamo gemuto, spesso abbiamo pianto, siamo appena riusciti a consolarci» [Discorso sulla caduta di Roma,6; PL 40, 715-724]. Ma egli portò a compimento La Città di Dio, vera pietra miliare della nostra civiltà. Il santo vescovo insegnò ai suoi fedeli il modo giusto di porsi dentro la storia; e dentro alle rovine dell’Impero gettò i semi di una nuova civiltà.
Ciò che desiderava, ciò che Agostino voleva, era trasmettere vera speranza, e proprio in un momento in cui tutto l’Impero ed in esso la sua Africa stavano crollando. Sul suo letto di morte egli seppe che i Vandali erano entrati in città.
Trasmettere la speranza fondata sulla fede la quale, rinunciando al progetto di una vita ritirata fatta di preghiera e studio, lo fece capace di partecipare veramente all’edificazione della Chiesa e della città. La speranza che Agostino seppe trasmette era incrollabile, perché era certo che Dio era venuto a vivere la nostra tribolata vicenda umana, e dal di dentro l’aveva salvata. È questo Dio che ci dà il diritto di sperare, non un qualsiasi Dio, ma solo il Dio che ha un volto umano perché si è fatto uomo.
Il Signore dunque faccia tacere sulle nostre labbra di pastori parole vuote, e metta sulla nostra bocca parole vere.
fonte e testo completo: caffarra.it

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