In questi giorni il tema del Biotestamento (leggi “eutanasia”) è ritornato fortemente alla ribalta dopo il suicidio assistito di Loris Bertocchi.
Come sempre, esprimendo innanzitutto tutto il nostro dolore per la scelta di Loris, non possiamo però non pronunziare un giudizio su quanto accaduto.
Lo facciamo innanzitutto per evitare strumentalizzazioni pretestuose come quella avvenuta a Piazzapulita, trasmissione condotta da Corrado Formigli su La7, che la scorsa settimana ha fatto da cassa di risonanza alla richiesta di Loris, malato disabile grave da molti anni, di porre fine alle sue sofferenze, senza mai parlare di eutanasia, ma servendosi della sua storia per rilanciare il dibattitto sulle DAT (disposizioni anticipate di trattamento), che proprio domani verranno nuovamente discusse al Senato in Commissione Sanità.
La storia di Loris potrebbe essere paradigmatica di come lo Stato faccia poco o nulla per le persone gravemente malate e di come questa inefficienza venga sfruttata da chi conduce una campagna ideologica con lo scopo di introdurre l'eutanasia in Italia.
Potrebbe, appunto, ma nel caso specifico non si è trattato soltanto di questo.
Bertocchi, veneto, 59 nove anni – attivista verde e militante in un'associazione per i diritti dei disabili - ha esalato il suo ultimo respiro mercoledì 11 ottobre, intorno alle 11 del mattino, in una clinica svizzera. Eppure non era un malato terminale.
Il suo gesto però non è avvenuto nel silenzio.
Il suo caso è stato infatti preparato da interviste, appelli e da una lettera in cui Bertocco stesso ha parlato non solo della sua disperazione nell’affrontare la malattia, ma anche degli incredibili ritardi o omissioni amministrativo-burocratiche degli enti locali nell’assicurargli una assistenza adeguata.
Non è stata comunque l'inefficienza sanitaria la motivazione che l'ha spinto a scegliere la strada del suicidio assistito. Al massimo, questa ha accellerato una decisione già maturata da tempo.
Loris infatti non aveva dubbi a riguardo ed è stato lui stesso a metterlo nero su bianco in conclusione alla sua lunga lettera di commiato:
“Sono convinto che, se avessi potuto usufruire di assistenza adeguata, avrei vissuto meglio la mia vita, soprattutto questi ultimi anni, e forse avrei magari rinviato di un po’ la scelta di mettere volontariamente fine alle mie sofferenze. Ma questa scelta l’avrei compiuta comunque, data la mia condizione fisica che continua progressivamente a peggiorare e le sue prospettive. Avrei però voluto che fosse il mio Paese, l’Italia, a garantirmi la possibilità di morire dignitosamente, senza dolore, accompagnato con serenità per quanto possibile”.
Dunque, al di là di tutto, l'approdo finale sarebbe stato sempre quello eutanasico.
Invece giornali e televisione hanno utilizzato la motivazione dell'inefficienza statale come principale causa della sua tragica scelta per far crescere l’indignazione popolare e alimentare più che un dibattito ragionevole un torrente di emozioni.
Come ha ricordato prontamente Andrea Zambrano su La Nuova Bussola Quotidiana, siamo ormai davanti a una regia ben archiettata, se si vuole «un format, un copione che prevede una sapiente regia fatta di visite a casa, chiacchierata col malato, intervista ai parenti prossimi distrutti dal dolore e perfino l’ingresso in clinica con il cinico funzionario che gli illustra la metodologia con la quale gli verrà somministrato il veleno grazie al quale, viene ribadito, “dopo, dormirai per sempre”.
Anche le parole scelte devono dare l’idea del passaggio indolore e asettico: la morte diventa un dormire, il suicidio un atto di amore, tutto è studiato sapientemente con il solo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica con il mezzo più immediato che ci sia».
Jaap Schuurmans, illustre medico olandese specializzato nelle cure palliative e storico sostenitore della legge sull'eutanasia e sul suicidio assistito, ha recentemente messo in guardia da simili leggi. Alla domanda sul che cosa sia per lui l'eutanasia ha risposto: «è una sconfitta, un angelo (il medico) che arriva e invece di curarti ti strangola».
Non facciamoci quindi ingannare dalla propaganda di regime. Utilizziamo la testa, ma sopratutto, non abbandoniamo i nostri disabili nelle mani di chi vorrebbe strumentalizzarli invece di aiutarli.
Opuscolo che presenta una breve disanima delle bugie della lobby della morte, di quello che accade nel mondo e le vere alternative a questa pratica che ormai sembra dilagare nelle società completamente secolarizzate.
Cordialmente,
Samuele Maniscalco
Responsabile Campagna Generazione Voglio Vivere |
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