Negli occhi di Gesù

di Antonello Iapicca


Ci sei mai stato negli occhi di Gesù? 
Hai mai guardato il mondo con il suo sguardo? 
Natale è anche questo, 
lasciarsi assorbire dai suoi occhi per guardarsi 
e guardare gli altri 
e la storia da quel suo punto di osservazione. 
È il centro della scena, 
di quella notte come della storia intera. 

E “in quei giorni” della storia regnava Augusto, 
“il primo” che ha censito tutti gli abitanti dell’“ecumene”, 
ossia del mondo intero. 
Era un modo per affermare che lui era il dio di tutta la terra. 
Nomi, indirizzi, denari, tutto doveva passare dalle sue mani: 
nominare per dominare, 
fa questo un “Augusto”, ovvero un dio “degno di venerazione”. 

E il Dio unico e vero non si è sottratto alle regole 
di uno tra i tanti falsi dei. 
Cosa non ha fatto per amore, 
perfino sottomettersi a chi lo imitava goffamente, 
per ridare a tutti l'autenticità e la dignità di assomigliargli. 
Ma proprio per questo Gesù era nato a Betlemme. 
Il censimento, infatti, era stata l’occasione 
perché i suoi genitori “dalla Galilea salissero in Giudea, 
alla città di Davide”. 
“Giuseppe era della casa e della famiglia di Davide” 
e lì doveva farsi registrare. 

Gesù non ha visto né Augusto 
né il trambusto per il suo censimento. 
Ma ha visto la luce in quella grotta di Betlemme, 
prescelta da sempre. 
Ha visto, cioè, il frutto di quel censimento. 
Così, i suoi occhi hanno cominciato a rovesciare la prospettiva 
con la quale si guarda la storia. 
Fuori era la folla, dentro solo Lui e la sua Famiglia; 
fuori i potenti e i sapienti che si illudono 
di condurre la storia per sé stessi, 
dentro il compimento della promessa di Dio, 
al servizio della quale proprio Augusto 
si era inconsapevolmente prestato. 

Prova a guardare la tua storia con Lui in questo Natale. 
Muoviti anche tu a “registrarne” ogni nome, evento e luogo, 
non tralasciare nulla, perché dagli occhi di Gesù 
tutto si illumina di una luce nuova. 
Scoprirai che tutto era al servizio di Lui, 
perché in te si compisse la promessa di pace e gioia 
nella quale sei venuto al mondo. 
Lì a Betlemme, infatti, “si compivano per Maria i giorni del parto”, 
proprio come nella tua Betlemme di oggi, 
dove sei giunto spinto dagli eventi che ti sembravano contrari 
e, a differenza della Santa Famiglia, dai tuoi peccati. 

Per dominarti ed esigere da te la vita, 
il demonio ti ha strappato alla tua Nazaret, 
immagine della volontà di Dio, 
come fece l’editto di Augusto con Giuseppe e Maria 
in piena gravidanza, costretti ad uscire dalla propria casa. 
E che cammino accidentato è stato, per loro e per te. 
E una stanchezza infinita, 
senza riuscire a trovare un “luogo” dove riposare. 
Per noi, infatti, il salario del peccato è sempre lo stesso, 
non avere più un posto nel Paradiso. 
Per loro, invece, era il prezzo dell’incarnazione 
nell’esilio di ogni uomo. 

Così, ci siamo trovati, insieme, in una stalla. 
Sì, non siamo soli! 
Prima di noi Giuseppe e Maria 
erano giunti al capolinea dei nostri fallimenti. 
Per questo Gesù è già qui, 
nella nostra vita, 
e ci sta guardando. 

E come ci vede? 
Come ha visto i pastori, gli ultimi della società. 
Erano, infatti, considerati dei criminali; s
empre a contatto con cose impure, 
si rubavano il bestiame a vicenda, 
non avevano nessun diritto. 
Il Talmud dice che se si incontrava un pastore caduto 
in un dirupo non bisognava tirarlo fuori, 
perché per lui non c’era speranza di risurrezione. 

E noi? 
Forse abbiamo perduto la speranza di uscire dalla schiavitù 
di quel vizio o di perdonare quel parente. 
Forse non ce la facciamo ad accettare la malattia, 
di aver perso il lavoro, o il carattere dell’altro. 
Forse, come i pastori non abbiamo il tempo 
di fare le abluzioni e non compiamo i precetti della Legge: 
preghiamo raramente, poco ci confessiamo, 
pochissimo ascoltiamo e meditiamo la Parola di Dio. 

O forse a Dio neanche ci crediamo. 
Abbiamo dato fiducia al mondo, alla cultura, alla politica, al denaro; 
ma ora niente di questo ci consola, 
nessuno che ci tenda una mano per tirarci fuori 
dalla fossa del dolore. 
Sì, non ci sono dubbi, siamo come 
“i pastori che facevano la guardia al loro gregge”, 
e guai a chi tocca le nostre cose, 
a chi ci chiede un briciolo di tempo, 
un po’ di pazienza e misericordia. 

Ma Gesù, dalla mangiatoia, ci vede "avvolti nella Gloria", 
noi che abbiamo dato gloria a un dio fasullo! 
Perché i pastori sono giunti alla grotta proprio così, 
splendenti della Gloria che li aveva abbracciati 
all'annuncio dell'angelo. 

Non senti? 
Nel silenzio della notte, la nostra di dubbi e paure, 
risuona una voce che si può guardare. 
E’ quella degli angeli che risuona nella Chiesa: 
“Non temete! Vi annuncio una grande gioia 
che sarà per tutto il popolo: 
oggi è nato per voi un Salvatore”. 

Non aver paura, la tua carne impura è già rivestita di splendore! 
Perché l'annuncio del Vangelo fa scendere dal Cielo la Gloria di Dio, 
e la sua presenza avvolge chiunque lo ascolti. 
Ascolta, alzati e mettiti in cammino per andare a vedere il “segno” 
che Dio ha preparato per te: 
un Bambino che è Dio si è già fatto carne nella tua vita. 

Accostiamoci alla mangiatoia, 
alla Chiesa dove è vivo Cristo nella Parola e nei sacramenti, 
e lasciamoci afferrare dal suo sguardo. 
Lui ci guarda avvolto nelle fasce, 
il sudario che sino ad oggi ha spento nella morte
ogni nostra speranza di bene. 
Ci fissa nella luce che profetizza la sua risurrezione, 
e ci vede già liberi per amare sino alla fine. 
Perché è stretto nelle mani di Maria, 
che lo abbraccia e lo accarezza impastandolo con la nostra carne, 
per farne un pane da offrire all'umanità. 

Non indugiare, guardati con gli occhi di Gesù, 
vedrai la Gloria di Dio nella tua vita: 
il perdono di ogni peccato 
e lo Spirito Santo che ti conduce in una vita nuova. 
Perché Natale è camminare, come i pastori, 
per tornare rinnovati alla nostra storia, 
guardando noi stessi, gli altri e gli eventi rivestiti di Gloria. 
È camminare ardendo di zelo per annunciare a tutti 
a gioia del Vangelo che tira Dio giù dal Cielo 
ad abbracciare nella misericordia ogni uomo.

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