C'è chi spinge e c'è chi tocca. 
Cristo ha le sue preferenze........

di don Marco Pozza

Uomini di pesca dalla forte muscolatura. 
Certuni giorni, al rabbì la possanza fisica 
di quegli amici sembra tornargli utile: 
di spalle e di braccia c'è una folla che ormai 
stanno imparando ad arginare. 
Uomini adatti all'avventura: 
«I pescatori sanno che il mare è pericoloso e le tempeste terribili, 
ma non hanno mai considerato quei pericoli 
ragioni sufficienti per rimanere a terra» (V. Van Gogh). 

Mutano gli scenari, ma il canovaccio permane. 
Sulla riva del lago, al crocicchio, su strade di polvere: 
la turba non cede alla voglia di tenerlo un po' tutto per sé. 
Al rabbì di Nazareth tutto ciò sembra non essere cagione di fastidio. 
Saluta, s'accorge, medita: 
«Nulla sfugge alla sua mano» (Tb 13,2). 
Tanto meno all'occhio, figurarsi alla memoria. 
Al tatto.
Lei s'era intestardita: “
Mi basterà toccargli la veste. Sento che guarirò” 
(liturgia della XIII^ Domenica del Tempo Ordinario). 
Per i medici era un caso raro; per le sue finanze, 
quella malattia era stata la cagione della disfatta. 
Dodici anni a perdere sangue, 
squadre di medici a non saperlo arrestare, 
quel pudore sul volto ch'è tipico di chi sente d'essere infetta: 
reietta, tenuta in disparte, guardata a vista. 
L'occasione è ghiotta: 
quel turbinio di gente le permetterà di toccarlo 
senza che nessuno ci faccia caso. 
Tanto basterà un tocco e lei guarirà: ne è convinta. 
S'intrufola nella folla: non cerca gli occhi, va dritta verso terra. 
Le avranno detto in tanti: “Sei maledetta, tieni gli occhi bassi”. 
Eccolo che s'avvicina: ancora due passi, 
è tutto un vociare confuso. T
utti per quell'uomo, da lui, magari con lui. 
Zac! Gli ha sfiorato appena il mantello: 
«Subito il flusso di sangue s'arrestò» (Lc 8,44). 
Per fede. 
Che fede.
Lui viaggia spedito alla casa di Giairo: 
la storia di una dodicenne morente le ha mosso i passi. 
Pur affrettato, s'arresta d'improvviso: non è frettoloso. 
Tutt'intorno il silenzio delle festività: 
«Chi mi ha toccato?» 
Pietro strabuzza gli occhi dalle risate 
che quasi stramazza a terra: 
«Maestro, la folla ti stringe da ogni parte e ti schiaccia». 
Come dire: “E' una battuta, vero”. 
L'uomo, da par suo, sa quel che dice: 
«Qualcuno mi ha toccato. 
Ho sentito che una forza è uscita da me» (Lc 8,46). 
Pietro s'ammutolisce: il maestro è serio.
Lei sembra supplicare la folla d'inghiottirla. 
E' una donna che avverte su di sé gli sguardi nervosi 
di chi le è accalcato addosso. 
La squadrano, la puntano, quasi a chiederle ragione 
di quella stolta idea di toccarlo.
S'alza solo quando avverte che lui non molla la questione: 
allora gli racconta la sua storia, 
quel suo essere diventata vecchia anzitempo, 
quell'andare a sguinzaglio tra impaccio e medicazioni. 
Di quel giorno, forse di sabato, in cui ha sentito parlare di lui: 
del guaritore cortese e ramingo. 
Di quella voce che le ha detto: 
“Vai da lui. Vedrai che uomo”. 
Lei s'è fidata e messa in cammino: 
sola, con la sua miseria colorata di sangue e di sguardi torvi. 
L'ha toccato, poco più che lambito: 
le è bastato.
Glielo dice, sotto gli occhi di tutti. 
Ascolterà il verdetto, che sarà per tutte le orecchie: 
«Figlia, la tua fede ti ha salvata, và in pace» (Lc 8,48). 
Lei tocca lui, la grazia di lui tocca lei, si toccano: 
“Và e sii felice!” 
Lei sì, loro no. 
Eppur gli erano accollati addosso: 
«Turba premit, illa tangit 
(“La folla spinge, lei tocca)» 
(Agostino).
Fare ressa non è toccare. 
Se l'agguato non fosse esistito, 
si direbbe ch'è nato là, proprio lì. 
Sul lembo estremo di un mantello:
 ci volle sangue e fantasia per pensarlo. 
Ci volle fiuto per agguantarlo: 
Cristo è di passaggio.
E' un attimo trovarlo; 
sarà di un attimo anche perderlo........

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