Commento al Vangelo di domenica 1 maggio 2016 - Paolo Curtaz
La Nuova Gerusalemme
Gv 14, 23-29
La città non ha bisogno della luce del sole,
né della luce della luna:
la gloria di Dio la illumina
e la sua lampada è l’Agnello.
né della luce della luna:
la gloria di Dio la illumina
e la sua lampada è l’Agnello.
Così Giovanni, ormai anziano, dall’isola di Patmos dove è in esilio, immagina la nuova Gerusalemme, quella che scende dal cielo, da Dio, adornata come una sposa pronta ad incontrare il proprio sposo. Una città costruita sulla testimonianza dei dodici basamenti, gli apostoli, con dodici porte (il dodici in Israele è la totalità), tre per ogni lato, in modo che chiunque possa entrare.
Una città illuminata dalla gloria di Dio, che tiene in mano la lampada dell’Agnello, il Cristo.
Ben diversa dalla Gerusalemme storica, diciotto volte rasa al suolo e ricostruita, segno di speranza e di contraddizione, contesa dagli uomini che giungono ad uccidersi per possederla.
La città che sogna, che vede Giovanni, invece, è un’altra, è diversa, è raggiante.
Raggiante perché riempita di quell’amore che deriva da Cristo e che deborda, come dicevamo domenica scorsa.
Luminosa perché abitata dalla gloria che è il dono di Dio agli uomini, il Signore Gesù.
Bello, in teoria.
Ma è ciò che viviamo nelle nostre comunità cristiane?
Insomma…
Sì, certo, un po’, speriamo.
Speriamo che sia quella Gerusalemme splendente, fondata sulla testimonianza degli apostoli e spalancata all’accoglienza il metro di paragone delle nostre scelte pastorali.
Speriamo che siano le parole dette la Maestro dopo l’ultima cena ad incoraggiare le nostre assemblee, a rendere ottimisti i nostri discorsi, radiosi e colmi di speranza le nostre omelie.
Lo ha detto chiaramente, il risorto: non dobbiamo temere, né avere paura, né essere turbati.
Dal mondo che implode, dalla violenza di chi uccide nel nome di Dio, dalla violenza di chi uccide nel nome degli antichi dei, il potere e il denaro, dal clima di crescente disumanizzazione, di rissa e di declino che respiriamo ogni giorno.
No, non abbiamo paura.
Non perché siamo incoscienti, ma perché dimoriamo nella pace che proviene da Cristo. Una pace che non è assenza di conflitto, ma fioritura perenne di bene e di luce. E lo Spirito Santo che è il dono ci aiuta a vedere tale luce, ci permette di dimorare nella pace che pacifica il cuore.
Nello Spirito vediamo la Gerusalemme che si sta costruendo, non quella colma di contraddizioni che rischiamo di costruire.
Possiamo osare, credere in un mondo diverso perché qui e ora lo stiamo costruendo, sofferto e claudicante, ma reale ed evidente. Un mondo nuovo che nasce dall’accoglienza della Parola d speranza che ci dona il Maestro.
Corvi
Bella riflessione, davvero.
Complimenti. Però?
Parlare di amore è sempre una carta vincente, ma poi?
E accusare le comunità di essere poco coerenti è ormai un tiro al piccione, banale e scontato, lo fanno tutti in questo clima di crescente anticlericalismo che, alla fine della fiera, diventa anticristianesimo e, già si vede, persecuzione.
Sanguinante e tragica per troppi fratelli fuori dall’Europa, subdola e strisciante, come dice papa Francesco, nel nostro continente sempre meno appoggiato alle proprie radici bibliche. E un albero che non ha radici, lo sappiamo bene, cade al primo colpo di vento.
Ma la liturgia ci aiuta, ci viene incontro, concretizza le visioni, incarna gli auspici romantici e spirituali.
Grazie ai corvi.
Corvi che raggiungono le comunità fondate da Paolo e Barnaba mettendo in dubbio il loro operato, facendo credere ai pagani che si sono avvicinati al risorto che, prima di essere discepoli, devono diventare ebrei, facendosi circoncidere.
Corvi che distruggono ciò che altri hanno costruito.
Concilio
Paolo e Barnaba lottano ma non riescono, spiazzati e storditi dal dover combattere in casa proprio, contro l’opinione di fratelli nella fede. E che fanno?
Scendono a Gerusalemme, dagli apostoli, discutono, spiegano, chiedono aiuto.
Aiuto che arriva con tutta l’autorevolezza di chi, ad ascoltare Gesù, c’era.
Una lettera rassicura e incoraggia i nuovi arrivati. Le porte della nuova Gerusalemme terrena sono spalancate.
Tira una strana aria nella Chiesa.
Chi non crede applaude papa Francesco come se fosse una star, guardando al dito, invece che guarda alla luna che il dito indica.
Alcuni fra quelli che credono, pochi ma chiassosi e rissosi, mettono addirittura in dubbio le parole del successore di Pietro che, insieme ai successori degli altri apostoli, ha lungamente riflettuto sulla visione cristiana della coppia, proponendo alle comunità un testo denso e complesso, ottimista e realista.
Le opinioni, nella Chiesa, ci devono essere, ed è vitale che ci siano.
Ma quando gli apostoli parlano, sarebbe bene accogliere e riflettere, senza menare pugni colpendo l’aria e disorientando le comunità.
Anche questo è un modo concreto di dimorare nell’amore.
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