CARLA SPRINZELES,""Mosso a compassione"

 Commento su Luca 7,11-17

Percorrendo le strade della Galilea, Gesù incontra la morte. Come i profeti antichi anche il profeta di Nazareth l'affronta e la sconfigge. Ma mentre Elia aveva dovuto invocare l'intervento divino, attraverso parole e esti, il Signore, colui che è resurrezione e vita, ordina al ragazzo di alzarsi.
Mentre Elia aveva agito per difendere Dio, Gesù agisce "mosso a compassione" dal dolore di una madre. E' una compassione viscerale, profonda, materna; la compassione stessa di Dio.
1 RE 17, 17-24
Il testo è parte del cosidetto ciclo di Elia. All'inizio del cap. 17 Elia appare d'improvviso sulla scena con una dichiarazione sconvolgente: "in questi anni non ci sarà né rugiada né pioggia, se non quando la comanderò io". Non è introdotto come profeta e le sue parole appaiono come presuntuose, quasi che egli voglia agire al posto di Dio. Tuttavia il Signore si serve di lui e conferma la sua parola con un lungo periodo di siccità.
In un mondo privo di pioggia, destinato alla morte, risuona una Parola che promette vita: "Alzati, va a Sarepta di Sidone; ecco io ho dato ordine a una vedova di sostenerti". Elia obbedisce e incontra una donna segnata dalla morte, una vedova, che si prepara a consumare l'ultimo pasto con il figlio prima di morire. L'ncontro avviene a Sarepta in Fenicia, una terra straniera consacrata al culto di Baal. Eppure la donna non esita ad offrire acqua a uno straniero, a credere alla sua parola e ad accoglierlo nella propria casa condividendo con lui il poco che possiede. Per questa sua fiducia nella parola riceve vita: "la farina della giara non venne meno e l'orcio dell'olio non diminuì, secondo la parola che il Signore aveva preannunciato per mezzo di Elia".
Ma la morte continua a manifestarsi nella vita della donna: il figlio si ammala e "cessò di respirare". Il profeta, accolto nella casa mome messaggero di vita, ora è accusato dalla donna: "Che cosa c'è tra me e te, uomo di Dio? Sei venuto per rinnovare il ricordo della mia colpa e per far morire mio figlio?"
Il testo non si sofferma sui sentimenti di Elia: descrive soltanto le sue azioni. Prende il bambino e supplica Dio nel segreto della sua stanza. Per tre volte si stende sul morto chiedendo a Dio di ricondurlo alla vita. Il gesto di Elia appare strano: intende rivitalizzare il corpo del bambino?
Il Signore accoglie la supplica di Elia. Il bambino riprende a vivere e viene consegnato alla madre.
Alla luce di quanto accaduto, la donna pronuncia le parole - chiave dell'intero capitolo: "Ora so veramente che sei uomo di Dio e che la parola del Signore nella tua bocca è verità".
Attraverso la voce di una donna straniera, Elia è finalmente qualificato come profeta di Dio.
Colui che con la sua parola aveva dichiarato l'inizio della siccità, è inviato da Dio per annunciare il ritorno alla vita: "La parola del Signore fu rivolta a Elia, nell'anno terzo: "Va a presentarti ad Acab e io manderò la pioggia sulla faccia della terra".
LUCA 7, 11-17
Amici, oggi la parola chiave è compassione.
Vedendo una vedova che portava suo figlio unico al sepolcro, Gesù "ne ebbe compassione"; questa espressone è usata più volte nei vangeli per esprimere la pietà del Signore di fronte al dolore umano. Al dottore della legge che chiedeva cosa dovesse fare per avere la vita eterna, il Maestro rispose con la parabola del buon Samaritano, che "ebbe compassione".
Questo sentimento è quindi la chiave che apre l'ingresso alla vita divina, già iniziata qui e adesso.
Lungo la Bibbia infatti echeggia la compassione di Dio per l'uomo, il quale per entrare nella vita, deve assomigliare al Padre suo del cielo.
Per avere la vita non sono dunque richieste opere eclatanti ed eroiche, ma solo compassione, ossia un cuore aperto di fronte alla sofferenza del fratello.
Si potrebbe riassumere tutta la missione di Gesù, che consisteva nel rivelare il vero volto di Dio, con questa spinta alla commozione di fronte ai disastri operati dal peccato.
Per l'uomo tuttavia è difficile credere nella tenerezza infinita del Signore, descritta nella parabola del figlio prodigo, dove anche il padre "si muove a compassione", anziché sgridare il fuggiasco.
L'essere umano è infatti più propenso, per via delle false immagini di Dio che si tramandano di generazione in generazione, a temere il giudizio piuttosto che a credere in un amore compassionevole di fronte al disastro generato dalla colpa. Di conseguenza davanti all'errore, il giudizio nasce più spontaneamente che non la compassione, escludendosi così inconsapevolmente dalla vita divina.
Numerosi commentatori della Parola, anche venerabili come i Padri della chiesa, hannno interpretato l'rmozione di Gesù di fronte al dolore della vedova come un'anticipazione dello sgomento di Maria ai piedi della croce.
Attribuivano così al Signore l'autocommiserazione istintiva, anche negli animali, per il dolore che viene a toccare la propria fragilità, esposta anch'essa alla stessa sorte.
Ciò significa dimenticare che Gesù, in tutta l'ampiezza dei suoi sentimenti, era animato dallo Spirito del Padre, senza il minimo ripiego su di sé, per cui si commuoveva innanzitutto per la colpa, di cui il dolre e la morte sono la conseguenza.
Se vogliamo vivere fin d'ora della vita di Dio, attualizzare nella nostra esistenza la salvezza portata da Cristo, ci basta, davanti ad ogni atto negativo, lasciare sgorgare dal nostro cuore illuminato dallo Spirito la compassione, e non il giudizio.
Oggi chiediamoci: "Chi è costui?", Gesù è la resurrezione e la vita, non solo per singole persone, ma per razze e culture, per popoli e società.
Egli è la Parola forte che, una volta pronunciata ha la stessa efficacia della Parola di Dio sulla creazione.
Il problema, per noi, sta nel riconoscerlo per ciò che è, credi tu questo? Uniamoci alla vedova di Sarepta e diciamo: "Ora so che tu sei un uomo di Dio", anzi di più il Figlio di Dio, tu sei Dio stesso!

Fonte:qumran2.net

Commenti