Vorrei essere un trifoglio nel prato dell’inno all’amore di San Paolo
Passeggio in un prato in primavera. Fiori e trifogli, piccole spighe e fili d’erba deliziano il mio sguardo. C’è armonia e allegria nella festa di colori e di forme che nel dettaglio sfuggono, ma non disturbano, perché non c’è “errore”, non c’è deformità a guastare la natura nel suo insieme. Tutto s’intreccia in un’unica bellezza. Ogni minuscola foglia è utile al prato intero. Vedo Margherita, la mia amica cara, con una corolla di petali bianchi che racchiude un cuore solare. E vedo Valeria, che ha sempre una parola buona per tutti. Ritrovo nel prato Brunella preoccupata e precisa, Maria con foglie appuntite e filanti, si stacca dai trifogli bassi e sale su, verso la luce più alta e rapida a catturare i raggi del sole. C’è Riccardo che si è spogliato di tutti i suoi pistilli donandosi ai più deboli, ne resta solo lo stelo che fa tutt’uno con la sua sposa generosa e innamorata. Susy non abbandona i suoi genitori cari ed è la loro forza. Laura che spicca elegante e tenera come un giglio delicato. Il mio passo pesante piega i fili d’erba che, più forti di me, si risollevano subito dopo. Sono Emilio, Giovanni, Gennaro nella loro impresa quotidiana di vincere contro la malattia. Sono Peppe, Emma, Antonello, Enza che formati nella fede ora sostengono i passi altrui. Il prato mi riporta alla mente i molti carismi che Dio dona ai suoi figli e di cui parla San Paolo nella Lettera ai Corinti. “Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune: a uno infatti, per mezzo dello Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece, dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza; a uno, nello stesso Spirito, la fede; a un altro, nell’unico Spirito, il dono delle guarigioni; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione delle lingue. Ma tutte queste cose le opera l’unico e medesimo Spirito, distribuendole a ciascuno come vuole. Come infatti il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo”.
Potrei dire di desiderare le qualità di Maria piuttosto che quelle di Laura o di Riccardo? Quale tra loro ha maggior valore nel tutto bello di questo prato? Ma poi, generosamente, San Paolo ci consiglia quale dei carismi vale più di tutti: “Desiderate invece intensamente i carismi più grandi. E allora, vi mostro la via più sublime”.
Ciò che segue è il brano noto come l’inno alla Carità, l’inno all’Amore. È il valore più grande, il più inestimabile tesoro al quale ogni donna e ogni uomo dovrebbe aspirare e al quale, in realtà aspira, finendo però a ritrovarsi spesso a sguazzare in cose e luoghi e situazioni ben diversi, lontani e opposti alla felicità che può dare l’amore vero. San Paolo lo aggettiva e lo descrive in 15 modi. Prima in negativo (ciò che NON è), poi in positivo: ciò che è.
“La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta”. Poche righe che ci mettono tutti in imbarazzo. Chi di noi, infatti potrà mai dire di essere perfetto nel confrontarsi con questo “manifesto di amore puro, perfetto e quieto”? Si può essere umili, ma incapaci di non adirarsi. Si può essere benigni, ma incapaci di coprire, sopportare, credere tutto… Chi riesce a non tenere in conto il male subito? A non gonfiarsi d’orgoglio… San Paolo, però è molto chiaro: “Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità!”.
Il mio sguardo si posa sul prato e mi chiedo quando, anzi, se riuscirò mai a vivere tra i miei fratelli come un semplice trifoglio di fede, speranza e carità.
Rosa Benigno
Il famoso Inno all’amore tratto dalla Prima Lettera ai Corinti:
“Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli,
ma non avessi l’amore,
sono come un bronzo che risuona
o un cembalo che tintinna.
E se avessi il dono della profezia
e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza,
e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne,
ma non avessi l’amore,
non sarei nulla.
E se anche distribuissi tutte le mie sostanze
e dessi il mio corpo per esser bruciato,
ma non avessi l’amore,
niente mi gioverebbe.
L’amore è paziente,
è benigno l’amore;
non è invidioso l’amore,
non si vanta,
non si gonfia,
non manca di rispetto,
non cerca il suo interesse,
non si adira,
non tiene conto del male ricevuto,
non gode dell’ingiustizia,
ma si compiace della verità.
Tutto copre,
tutto crede,
tutto spera,
tutto sopporta.
L’amore non avrà mai fine“.
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