Il gioco di “mettersi nei panni degli altri”. Come educare i bambini all’empatia
Cos’è l’empatia
‘Empatia’ deriva dal greco ‘en’, cioè ‘dentro‘, e ‘pathos’, ovvero ‘sofferenza o sentimento‘. Si tratta quindi della capacità di immedesimarsi nello stato d’animo degli altri, di comprendere ciò che l’altra persona sta vivendo emotivamente.
L’empatia nei bambini
Questa abilità metacognitiva è presente, salvo in presenza di alcune patologie, sin dalla nascita. Con lo sviluppo i bambini si rapportano con il mondo attraverso una visione completamente egocentrica, tant’è che ciò che loro non vedono non esiste. I sentimenti che provano e che vivono “di pancia” sono presenti da sempre e, man mano che i bambini si relazionano con le persone, in particolar modo con i propri pari, la capacità di empatizzare con gli altri cresce. È un processo di consapevolezza, dapprima dei propri sentimenti e in seguito degli altri, che consente di regolare i nostri comportamenti e, di conseguenza, comprendere meglio gli altri.
Diversi fatti di cronaca sottolineano però che spesso l’empatia è assente o posta in secondo piano. Gli episodi di bullismo sono un chiaro segno di mancanza di empatia, soprattutto per quanto concerne gli osservatori, i quali guardano e partecipano indirettamente all’umiliazione di un proprio coetaneo.
I bambini di oggi saranno gli adulti di domani e per tale ragione è importante poter lavorare su un’educazione alle emozioni fin da piccoli. Trattandosi di un tematica complessa e profonda, ci si può chiedere come sia possibile educare i propri figli a sentire di più le emozioni proprie e altrui. Di fatto però ci sono alcune strategie che possono aiutare genitori in primis, ma anche insegnanti a scuola, a lavorare su questa tematica fondamentale.
Diamo un nome alle emozioni
I bambini, soprattutto i più piccoli, ancora alunni della scuola dell’infanzia, tendono a vivere le emozioni “di pancia”. Ridono, piangono, si arrabbiano con dinamiche riconducibili prettamente al comportamento. Dal loro agito noi capiamo cosa provano. Sarebbe utile fin dalla giovane età aiutare i bambini a capire inizialmente cosa provano loro, accompagnando ad un loro gesto una nostra interpretazione. Se vediamo un bambino piangere, sottolineiamo che stiamo comprendendo che è triste, comunicandoglielo. L’ascolto attivo è uno strumento utile per educare emotivamente i bambini. In questo modo possono comprendere che qualcuno è in sintonia con loro, comprendere cosa provano, e al contempo imparano che quella sensazione è associata al nome di un’emozione. In questo modo il passaggio successivo li porterà non solo a comprendere i propri stati d’animo ma a riconoscere anche quelli degli altri e comportarsi di conseguenza.
Questa strategia, adattata ovviamente in base alla maturità del bambino o ragazzo, va bene ad ogni età. Soffermarsi sulla comunicazione delle emozioni aiuta a non viverle solo in modo primitivo, ma a rielaborarle e renderle parte integrante delle nostre abilità cognitive. Durante l’ infanzia, come anche nel periodo dell’ adolescenza, è importante che i genitori ascoltino attivamente i propri figli, restituendo loro il fatto che comprendono gli sbalzi d’umore, gli stati d’animo. Ogni esperienza vissuta diventa un’occasione per pronunciare la famosa frase “prova a metterti nei panni dell’altra persona”, proprio per far capire che ogni azione ha una conseguenza, e che ogni emozione degli altri può toccare emotivamente anche noi.
Dal gioco alla realtà
Non solo a casa ma anche a scuola è importante dedicare momenti specifici all’educazione emotiva. Dai libri, ad attività ludiche “carta e matita”, a software, ci sono diverse opportunità, alcune delle quali non richiedono neanche un investimento economico e che si possono adattare a tutte le età. Un esempio, adatto a preadolescenti e adolescenti, potrebbe essere quello di scrivere su dei cartoncini episodi che possono scatenare una reazione emotiva. Ad esempio: “Marta incontra fuori da scuola Ginevra con altre amiche. Senza neanche salutarla Ginevra sussurra qualcosa alle amiche e poi tutte scoppiano a ridere. Cosa può aver detto Ginevra? Secondo te come si sente Marta in questo momento? Che emozioni prova?”.
Intelligenza emotiva
Non esiste solo un’intelligenza. Ce ne sono diverse e non sono riconducibili solo al quoziente intellettivo. Esiste anche l’intelligenza emotiva, che fa parte della nostra natura ma che necessita di esser coltivata e stimolata. La famiglia è dunque una risorsa essenziale, l’educazione emotiva parte in primis dalle mura domestiche e poi anche negli altri ambienti. Non sottovalutiamo quindi il potere delle emozioni, proprie e altrui.
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