Arriva lui, il fighettino. Quello che veste firmato da capo a piedi, che ti guarda con quell’aria da sufficienza, quello che vorrebbe farti sentire una sfigata.
Parcheggia la sua auto, una lussuosa Mercedes uscita da poco dalla concessionaria, la mette accanto alla tua, una vecchia punto ormai maggiorenne da diversi anni.
È un caldo rovente, io sono fuori dalla mia macchina. Apro il cofano, non capisco se esce più fumo da là dentro o dalla mia testa. Non è la prima volta che mi lascia a piedi.
Lui mi si avvicina e con una faccia da bronzo mi dice che ormai le auto preistoriche non dovrebbero nemmeno circolare, io prontamente gli rispondo che non dovrebbero farlo neanche gli arroganti.
Non so perché ma lui si allontana e a me viene in mente “La Livella” di Totò, l’immagine del netturbino e del marchese e quelle “ pagliacciate che fanno i vivi.”
Non lo vedo più. Se n’è andato, ma quelle spalle voltate con indifferenza e quelle parole pronunciate con arroganza sono ben ferme. Stazionano dentro di me. Malgrado tutto non riesco ad arrabbiarmi.
Cerco di convincermi che il mondo non è questo.
Mentre rimugino su tutto quanto vedo avvicinarsi un bambino in bici.
Ciao, cos’è successo? – mi chiede-
Avrei voluto abbracciarlo. In quel momento mi sembravano le parole più belle che potessi sentire.
Gli spiego che la macchina è vecchia e che ogni tanto mi fa strani scherzi.
Poi mi dice che lui si chiama Nicolò e che ha 8 anni, che gira spesso in bici e che una settimana fa è caduto ferendosi alla testa. Mentre parliamo sento che qualcuno lo chiama. È suo padre che gli dice di raggiungerlo. Nicolò mi saluta con garbo e si allontana. Dopo 5 minuti lo vedo tornare.
C’è anche suo padre, guarda il cofano, mi fa notare che c’è una perdita d’olio e che la temperatura è salita troppo.
Chiede a Nicolò di farmi compagnia e dopo alcuni minuti torna con due bottiglie d’acqua.
Gli dico che mi è successo anche un’altra volta, che sarebbe ora di comprare un’altra macchina.
Lui mi risponde che a volte ci si affeziona alle cose talmente tanto che è difficile anche privarsene.
Tra me e me ho pensato alla bontà e alla sensibilità delle sue parole. Una delicata attenzione nei mie confronti, un modo gentile per giustificare la circolazione della mia autovettura.
In cuor mio so che ovviamente non è vero. Non mi sono mai affezionata alle cose. Mi affeziono alle persone, a quelle anime belle, quelle che si guardano attorno, che vedono gli altri, che si attivano per dare una mano. Quelle che seminano speranza e ti fanno credere ancora nell'umanità. Persone come Nicolò e suo padre.
Rosetta Cavallo
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