Giacomo Celentano: dal buio della depressione alla riscoperta della fede
Il cantautore ci parla della sua devozione a Maria, “incontrata” a trent’anni
«Ma Dio cosa vuole che faccia della mia vita?» è la domanda che si pone Giacomo Celentano, figlio di Adriano e Claudia Mori, quando un giorno, senza sapere perché, è assalito da un malessere inspiegabile, un affanno al petto che non lo lascia respirare. Eppure ha tutto: amici, successo, soldi, una ragazza.
Nel suo ultimo libro: “I tempi di Maria” (Itaca edizioni), il cantautore Giacomo Celentano, racconta di sé, della sua vita, della famiglia, tutto attraverso la lente della fede. Il testo è un inno di lode a Dio e soprattutto alla Madonna, che l’autore “incontra” all’età di trent’anni.
«Ho avuto modo di scoprire la mia Madre Celeste tardi, solo da adulto, all’età di trent’anni. Un giorno un mio carissimo amico, Roberto Bignoli, cantautore di musica cristiana, mi disse: «Giacomo, perché non vai a Schio, nel Veneto; lì, in un paesino che si chiama San Martino, appare la Madonna». Non me lo sono fatto ripetere due volte e sono partito subito, anzi ci siamo andati tutti insieme: io, Roberto, Katia – allora eravamo ancora fidanzati – e Paolo. È un posto straordinario (…) Arrivato lì ho respirato subito un’aria diversa, di pace, poi ho ricevuto quasi immediatamente un segno: in certi luoghi, come vicino alla fontana che si trova a metà strada lungo la Via Crucis, ho sentito un profumo soave di rose, che secondo le persone del posto è uno dei segnali più frequenti che la Madonna manda ai pellegrini».
AVERE TUTTO MA ESSERE INFELICI
Facciamo un passo indietro. È il 1990 e la vita procede in maniera splendida, Giacomo è il classico “figlio di papà”, ricco di tutto ma privo dell’unica cosa che può renderlo felice sul serio: Dio.
«In quel periodo avevo tutto: soldi, giovinezza, la fidanzata, gli amici, la mia famiglia d’origine, la macchina, la notte andavo a ballare in discoteca; insomma, ero il classico figlio di papà. Una cosa mi mancava, ma non ci facevo minimamente caso perché ero troppo preso da me stesso: Dio. Fatto sta che una sera di settembre, mentre stavo per andare a dormire, di punto in bianco mi sentii male: mi si dimezzò, forse anche di più, la capacità toracica con una conseguente insufficienza respiratoria. Nel cuore del¬la notte capii che era successo qualcosa di grave dentro di me, ma non sapevo cosa. Passai quella notte in bianco, con i pensieri che si affollavano nella mente; era la mia prima notte da malato. (…)La mia malattia portò scompiglio in famiglia, tanto che i miei genitori mi portarono subito a fare delle visite, che però, cosa strana, non riscontrarono nessuna anomalia nei polmoni. Fisicamente ero sano, ma di fatto respiravo come un vecchio di novant’anni. In pochi mesi persi quasi tutto: gli amici, la fidanzata, il lavoro; la mia stessa famiglia faceva fatica a comprendermi, tant’è che mi ritrovai da solo con la mia malattia. Cos’era successo?»
DAL BUIO DELLA DEPRESSIONE SI RIACCENDE LA FEDE
La malattia azzera tutto e in poco tempo Giacomo perde ogni cosa… o quasi. Perché è in quel deserto, in quella “terra bruciata” intorno a lui, che il Signore vuole incontrarlo, farsi riconoscere come Padre e abbracciare suo figlio.
«Dio, da Padre amorevole e premuroso, aveva permesso quella malattia perché sapeva che solo così, avendo fatto terra bruciata attorno a me, io, come suo figliol prodigo, potevo rivolgermi di nuovo a Lui, pregarlo e cercarlo. E così avvenne».
Sono setti anni di preghiera, di forte riavvicinamento alla Chiesa e ai sacramenti. L’autore racconta che arriva perfino a pensare che il sacerdozio sia la sua strada, perché prova una pace e un benessere grande quando è vicino al Signore. Ma “in realtà, la mia non era tanto una vocazione, quanto la smania di rifugiarmi in un posto nasco¬sto dal mondo e quindi di ripiegarmi su me stesso”.
«HO INCONTRATO GESÙ NEGLI OCCHI PROFONDI DI MIA MOGLIE KATIA»
Nel 1997 Giacomo conosce Katia, anche lei credente, che lo avvicina al culto della Divina Misericordia di Santa Faustina Kowalska. Nel 2002 si sposano e nel 2004 diventano genitori di Samuele.
«Mi diceva che Gesù mi amava e che mi avrebbe guarito completamente, che sarei tornato a cantare. Tutte cose che si sono avverate. (…) ringrazio il Signore per avermi donato questa famiglia che, pur con i suoi limiti e peccati, cerca nel quotidiano di vivere il Vangelo. Io, da parte mia, posso dire di avere incontrato Gesù negli occhi profondi di mia moglie Katia, e che il mio incontro con il Signore si può riassumere nella parabola della pecorella smarrita. Ossia Gesù nel mio momento di massimo smarrimento e di buio è venuto a cercarmi, mi ha trovato, e io mi sono lasciato trovare; mi ha caricato sulle sue spalle, ha curato con il suo amore la mia anima e il mio corpo e mi ha ricondotto all’ovile, che è la sua santa Chiesa. Gesù è il vero medico del corpo e dell’anima».
Sono pagine piene di vita e di preghiera, di pellegrinaggi (molto bello e intenso il racconto su Medjugorie) e di testimonianze che, come recita il titolo, parlano dei tempi di Maria, della sua materna protezione in questo nostro mondo secolarizzato, in piena crisi spirituale, dove la famiglia è attaccata, i giovani e i bambini sono confusi da false teorie che vogliono minare la loro libertà e bellezza, dove i desideri vengono trasformati in diritti e gli uomini in acquirenti o prodotti da consumare. Per questo Giacomo Celentano ci indica Maria, ci invita ad ascoltare i suoi messaggi di Regina della Pace, e a pregare il rosario in famiglia, perché come diceva Madre Teresa “una famiglia che prega unita resta unita”.
Nella presentazione monsignor Giovanni D’Ercole ben sottolinea questi aspetti:
«Nelle pagine che seguono (…)vi è il richiamo alle grandi apparizioni del secolo scorso e ai fenomeni legati con la spirituali¬tà mariana di questi anni. Non uno studio scientifico, ma una raccolta di documentazioni e riflessioni, pensieri spirituali e preghiere, esperienze e considerazioni che narrano questi nostri tempi, Tempi di Maria, segnati in maniera straordinaria dalla presenza vigile della Regina della pace, Madre della misericordia».
Il professor Giuseppe Noia autore della prefazione coglie l’aspetto più profondo del libro di Giacomo Celentano: la testimonianza dell’amore di Dio e dello sguardo della Vergine Maria, Madre tenera di ogni uomo che ci mostra la Misericordia del Figlio.
«(…) Ciò che ha ricevuto, Giacomo lo vuole condividere, lo vuole spezzare con quante più persone possibili, attraverso la testimonianza della sua conversione e di alcune tenerezze che Dio gli ha fatto: la mano sulla spalla per tre volte, il profumo di rose in momenti particolari, la pace del cuore. Egli si ingegna, quindi, a proporre una modalità di serenità e di pace perché ha ricevuto la grazia di rilanciare, con passione, i grandi messaggi di san Luigi Grignon de Monfort. Ci invita a non sprecare questo tempo di grazia in cui la Madonna, da trentacinque anni, appare per consegnare il messaggio della potenza della preghiera che, con l’ascolto docile ai Suoi ammonimenti, fa conoscere la bellezza della vita nascosta insieme a Gesù. Come ogni mamma terrena sembra apparentemente ripetere le stesse cose ma ciò che dice la Santa Vergine, per chi le accoglie, nel profondo della propria anima, le Sue parole sono sempre nuove e attuali e ci guidano come la stella che ha guidato i Magi, per essere anche noi stelle per gli altri e indirizzare le nostre esistenze verso il centro della storia e del tempo: Gesù Cristo Benedetto, il Tenero e Misericordioso Dio incarnato e morto per noi».
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