Messaggio per la 67ª Giornata Nazionale del
Ringraziamento
12 novembre 2017
“…le
primizie dei frutti del suolo che tu, Signore, mi hai dato” (Dt. 26, 10)
La terra ospitale
Ringraziamento
per un dono
Fin dalla sua istituzione la Giornata del
Ringraziamento si caratterizza ogni anno come invito a guardare ai frutti della
terra - ed all’intera realtà del mondo agricolo - nel segno del rendimento di grazie. È, dunque,
l’occasione per rinnovare uno sguardo sul mondo che coglie in esso ben più che
la semplice natura: come sottolinea l'Enciclica Laudato Si' di papa Francesco, la parola da usare è piuttosto creazione, molto più ricca ed
espressiva.
Una
pluralità di dimensioni, nuove opportunità per l’alleanza tra umanità e
ambiente
Attorno al dono della terra, si intreccia una
pluralità di dimensioni: vale la pena di esplicitarle nel loro intreccio, che
anche oggi può presentarsi in tutta la sua attualità nella vita di tante
famiglie del mondo agricolo.
La terra è, in primo luogo realtà affidataci
per essere coltivata, in una pratica
che genera lavoro, che produce cibo, benessere e sviluppo, contribuendo al
contempo a dare significato alle esistenze dei tanti che vi sono coinvolti. Non
è certo casuale che proprio in questi anni – lo sottolinea il rapporto CENSIS
2016 - il nostro Paese veda una persistente e sempre rinnovata attenzione per
la realtà dell’agricoltura, che anche per molti giovani appare come opportunità
significativa in cui investire generosamente energie e competenze ispirando il loro lavoro ai principi di
intraprendenza e affermazione personale, di sostenibilità, di eticità e
tradizione storico-culturale, di senso di appartenenza ai territori.
Una rinnovata attenzione che è anche il frutto
della risposta delle imprese agricole italiane, generalmente familiari, e del
loro associazionismo ad un modello di industrializzazione insostenibile
dell’agricoltura mondiale, imposto come esito inevitabile della globalizzazione
del paradigma tecnocratico.
Diversamente da quel modello, le
nostre imprese agricole cercano di riconciliare la famiglia con l’economia di
mercato, superando l’incompatibilità con l’ ”economia dello scarto” e
promuovendo snodi di “economia civile”.
Per farlo le nostre famiglie
rigenerano una capacità inclusiva del lavoro che ne esemplifica la
trasformazione da “lavoro come produzione” a “lavoro come servizio”; dove si
realizzano beni che non sono solo merci, ma cibo, e contemporaneamente si
impiega il tempo anche per la relazione, che in se stessa è anche cura, nello
svolgimento dell’attività produttiva.
Con questa visione e concretezza
del lavoro esse sentono vicine le parole della “Laudato Si’” dedicate alla
necessità di difendere il lavoro, dove si afferma che “l’intervento umano che
favorisce il prudente sviluppo del creato è il modo più adeguato di prendersene
cura perché implica il porsi come strumento di Dio per aiutare a far emergere
le potenzialità che Egli stesso ha scritto nelle cose (LS,n.124)”.
Siamo davanti ad un’apertura del pensiero, del
cuore e del lavoro dei nostri agricoltori
che cammina in sinergia con gli sviluppi della Dottrina Sociale della
Chiesa, che testimonia come quel dono può essere accolto oggi, confrontandosi e
lottando con trend economici spesso ostili, guardando alla prospettiva di una
sola famiglia umana.
In questa luce, la giornata del Ringraziamento
è anche memoria viva ed efficace della rinnovata risposta degli agricoltori ai
doni del Signore (dono delle terra, dono di se stesso), testimonianza del fatto
che Dio è in mezzo al suo popolo.
In questo modo di abitarla e lavorarla, la
terra emerge chiaramente come una realtà da custodire e trovano ascolto il forte richiamo
dell’Enciclica Laudato Si’ alla cura
della casa comune, la sua percezione di un’interdipendenza globale che “ci
obbliga a pensare a un solo mondo, ad un progetto comune” (LS n.164), il suo
richiamo a “programmare un’agricoltura sostenibile e diversificata” (ivi).
L’Enciclica approfondisce le ragioni della promozione di una rinnovata pratica
di coltivazione della terra, declinata nel segno dell’attenzione all’ambiente,
intensificando le buone pratiche già in atto in molte realtà dei nostri
territori, favorendo forme di produzione a basso impatto, attente alla
biodiversità, capaci di privilegiare le produzione autoctone e senza varietà
geneticamente modificate[1]. È anche un modo di contrastare lo sviluppo di
quel mutamento climatico che proprio sull’agricoltura ha alcuni degli impatti
più devastanti.
Ma la terra è anche una realtà che sempre più
ha a che fare con l’ospitalità e l’accoglienza:
·
i mercati e le
altre iniziative della vendita diretta degli agricoltori italiani sono
diventati espressione - nei grandi centri urbani come nei piccoli borghi
- della nuova economia capace nel contempo di restituire protagonismo alle
imprese agricole, generare occupazione, migliorare la qualità della vita e
delle relazioni sociali;
·
anche in quest’ambito
molti sono i cambiamenti significativi che si possono rilevare nel modo di fare
agricoltura. Pratiche come quella dell’agricoltura sociale (tra l’altro preziosa
occasione di inserimento lavorativo anche per molti immigrati) e
dell’agriturismo danno espressione a queste dimensioni della nostra vocazione
sulla terra e spesso lo fanno con originali intrecci di modalità inedite e di
forme tradizionali.
Turismo
sostenibile per lo sviluppo
Vorremo particolarmente sottolineare
quest’anno l’importanza dell’ultimo fenomeno appena accennato: l’agriturismo
ricollega tra loro la coltivazione della terra e l’ospitalità, aprendo nuove
prospettive - potenzialmente cariche di futuro - per un mondo agricolo che
sempre deve rinnovarsi per far fronte a sfide inedite. La bellezza dei nostri
territori, del resto, quando è adeguatamente custodita e valorizzata, porta in
sé una forza di attrazione importante, capace di offrire a molti quelle
esperienze di meditazione e ricreazione nel contatto con la natura che sempre
più vengono oggi ricercate. Di più, esse possono alimentarsi in quella sapiente
cultura dell’accoglienza – frutto del lavoro di organizzazione della terra e
dei beni ordinati alla produzione – e quell‘attenzione per la qualità delle
relazioni umane e sociali che costituiscono caratteristiche universalmente
riconosciute al nostro paese.
Il 2017, anno
internazionale del turismo sostenibile per lo sviluppo, è allora un’occasione
importante, che invita a far crescere assieme tale pluralità di dimensioni.
Promuovere forme di turismo strettamente collegate alla terra ed al mondo
agricolo, infatti, permette positive sinergie tra il lavoro di coltivazione e
quello legato all’ospitalità, così come tra questi due e la sostenibilità.
Coltura e cultura si intrecciano così in forme spesso innovative (ma anche
profondamente legate alla tradizione), generando crescita in umanità e buona
occupazione, perché sia possibile continuare ad avere cura della terra di Dio.
Un’occasione, quindi, formidabile per
aumentare la consapevolezza sul nostro patrimonio materiale ed immateriale,
fatto di bellezze storico-paesistiche, attività agricole compatibili con
l’ambiente ed opportunità di crescita sociale e spirituale. Ma fatto anche di cibo buono, salutare, fresco e
al giusto prezzo, legato al territorio, cucinato secondo tradizioni secolari
tramandate nelle famiglie contadine; un cibo che porta con sé l’impronta della
condivisione e della solidarietà della cultura da cui proviene e che favorisce.
Con stile sobrio e forme proprie
dell’accoglienza delle famiglie coltivatrici, l’agriturismo, con la permanenza
per brevi vacanze nei luoghi dove si esprime la cultura contadina, consente di
vivere esperienze forti in armonia con il creato. L’agriturismo asseconda il
desiderio di tante persone di “fuggire” dalle frenesie imposte dal consumismo e
dai ritmi della moderna società per ritrovare nelle campagne italiane nuove
energie fisiche e interiori.
La Commissione Episcopale
per i problemi sociali e
il lavoro,
la giustizia e la pace,
la custodia del creato
[1]
Quando
la loro introduzione “distrugge la complessa trama degli ecosistemi, diminuisce
la diversità nella produzione e colpisce il presente o il futuro delle economie regionali” (Laudato
Sì, n. 134), favorisce la formazione degli oligopoli.
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