Io, Elisa Springer, ho visto Dio.
Ho visto Dio, percosso e flagellato, sommerso dal fango,
inginocchiato a scavare dei solchi profondi sulla terra,
con le mani rivolte verso il cielo,
che sorreggevano i pesanti mattoni dell'indifferenza.
Ho visto Dio dare all'uomo forza, per la sua disperazione,
coraggio alle sue paure,
pietà alle sue miserie,
dignità al suo dolore.
Poi... lo avevo smarrito,
avvolto dal buio dell'odio e dell'indifferenza,
dalla morte del mondo,
dalla solitudine dell'uomo e dagli incubi della notte
che scendeva su Auschwitz.
Lo avevo smarrito... insieme al mio nome,
diventato numero sulla carne bruciata,
inciso nel cuore con l'inchiostro del male,
e scolpito nella mente, dal peso delle mie lacrime...
Lo avevo smarrito... nella mia disperazione
che cercava un pezzo di pane, coperta dagli insulti,
le umiliazioni, gli sputi, resa invisibile dall'indifferenza,
mentre mi aggiravo fra schiene ricurve
e vite di morti senza memoria.
Ho ritrovato Dio...
mentre spingeva le mie paure
al di là dei confini del male
e mi restituiva alla vita,
con una nuova speranza:
io ero viva in quel mondo di morti.
Dio era lì, che raccoglieva le mie miserie
e sollevava il velo della mia oscurità.
Era lì, immenso e sconfitto,
davanti alle mie lacrime.
(Elisa Springer, Il silenzio dei vivi, Marsilio Editori,1997)
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