Il Papa incontra i piccoli migranti: “Chi chiude il proprio cuore è come un animale”
Ricevendo i partecipanti al Treno dei Bambini giunto dalla Calabria, Francesco spiega loro cosa significa per lui essere il Pontefice
È ancora l’immigrazione al centro delle preoccupazioni del Santo Padre. Anche durante l’incontro avvenuto oggi con i piccoli partecipanti al Treno dei Bambini, papa Francesco ha ribadito il dovere dell’accoglienza, dando così un contributo pedagogico in merito e ricordando il valore del perdono, specie nelle vicissitudini legate alle migrazioni.
Il Treno dei Bambini, promosso dal Pontificio Consiglio della Cultura e giunto quest’anno alla quarta edizione sul tema Portati dalle onde, è arrivato stamattina alla Stazione di Roma San Pietro, carico di bambini di varie etnie e religioni.
Assieme al cardinale Gianfranco Ravasi, titolare del dicastero vaticano, i giovanissimi pellegrini sono stati quindi ricevuti in San Pietro dal Pontefice, con cui hanno intrapreso una conversazione con vari botta-e-risposta.
Sayende è arrivato in Italia vivo per miracolo, mentre la sua famiglia e molti suoi amici sono annegati durante la traversata del Mediterraneo. “Sono morti nell’acqua”, ha spiegato il bambino al Papa, chiedendogli di pregare per loro, “andati in cielo”.
Maria Salvia, preside di una scuola di Vibo Valentia, consegna a Francesco una lettera firmata dai suoi alunni e i soldi una colletta per i bambini di Lesbo.
Nella missiva, letta pubblicamente dal cardinale Ravasi, i bambini scrivono: “Promettiamo che accoglieremo chiunque arriverà nel nostro Paese; non considereremo mai chi ha un colore di pelle diverso, chi parla una lingua differente o professa un’altra religione, un nemico pericoloso”.
Il Papa ascolta le loro storie, sorride, si commuove. Un altro dei piccoli migranti gli porta un disegno raffigurante un mare agitato: le onde, spiega al Santo Padre, possono “far morire la gente”. E Bergoglio gli risponde, raccontandogli dell’incontro avuto mercoledì scorso, quando dei cooperanti gli hanno simbolicamente consegnato il giubbotto di salvataggio di una bambina poi annegata.
“[L’operatore umanitario] mi ha portato questo giubbetto e, piangendo un po’, mi ha detto: ‘Padre, non ce l’ho fatta. C’era una bambina, sulle onde, ma non ce l’ho fatta a salvarla. Soltanto è rimasto il giubbetto’”, ha detto.
“Non voglio rattristarvi ma voi siete coraggiosi e conoscete la verità”, ha aggiunto rivolto ai suoi piccoli ospiti, ricordando loro del “pericolo” che si corre traversando il Mediterraneo su imbarcazioni del tutto inadeguate.
“Pensiamo a questa bambina – ha proseguito il Pontefice -. Come si chiamava? Ma, non so: una bambina senza nome. Ognuno di voi le dia il nome che vuole, nel suo cuore. Lei è in cielo, lei ci guarda”.
I bambini mostrano grinta di fronte alla “ingiustizia” di chi respinge i migranti e i profughi. “Sono bestie”, grida uno di loro. E Francesco sorride e scherza con lui: “Ma tu hai studiato con Heidegger!”.
Poi, con pazienza, gli spiega che Gesù non ha mai “voluto insultare” ma ha detto che “una persona che chiude il cuore non ha cuore umano, perché non lascia passare, ha un cuore animale, diciamo, come una bestia, che non capisce”, quando le parole da capire sono “pace, fratellanza, compassione, bene, uguaglianza, accoglienza”.
Una bambina gli domanda cosa significhi per lui “essere Papa”. E Bergoglio risponde che è una chiamata di Gesù a fare “il bene che posso fare”. “Gesù ha voluto che io fossi cristiano, e un cristiano deve fare questo. E anche Gesù ha voluto che io fossi sacerdote, vescovo e un sacerdote e un vescovo devono fare questo”, ha quindi concluso papa Francesco.
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