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Istruzione e religione nella scuola italiana, un quadro desolante
NICOLA ROSETTI
L’anno scolastico è ormai avviato in tutte le regioni d’Italia e questo è forse il momento più opportuno per svolgere la riflessione che ora proponiamo. Ci si interroga spesso su quanto sia adeguato il nostro sistema scolastico nella preparazione degli alunni sia in ambito umanistico che scientifico. Più rara è la riflessione sui contenuti religiosi che la scuola, sia pur da un punto di vista laico, offre. Riflessione che è comunque ineludibile, visto che il cristianesimo, senza ignorare gli apporti di altri fattori, costituisce l’alfabeto della cultura italiana ed europea.
Non vogliamo parlare dell’ora di religione, ma del peso che la religione ha nelle altre discipline. Se si guarda con obiettività ai contenuti religiosi presenti in maniera trasversale nelle diverse discipline, il quadro è piuttosto desolante. Infatti, il clima culturale, non particolarmente favorevole al cristianesimo, non aiuta i ragazzi a formarsi un’idea completa su problematiche di tipo religioso.
Proviamo ad addentrarci nello specifico. Si potrebbe partire dall’ambito storico. Gli alunni italiani studiano abbastanza bene il Concilio di Trento e ciò che è legato alla Controriforma, ma, al termine del loro percorso scolastico, molto difficilmente avranno sentito anche solo nominare il Concilio Vaticano II. Ciò inevitabilmente porta ad avere una visione della Chiesa che non corrisponde alla realtà di oggi. Per fortuna, invece, in sede storica, al monachesimo è sempre riconosciuto un ruolo fondamentale nella conservazione della cultura durante il Medioevo.
Per quanto riguarda il contributo che il cristianesimo ha offerto alla nascita e alla crescita della scienza, esso è praticamente ignorato. Sebbene una moltitudine di uomini di Chiesa, chierici e laici, si siano occupati di scienze, nell’immaginario dei nostri ragazzi rimangono impressi solo quei momenti in cui fra scienza e fede ci sono stati dei contrasti, come nel caso Galilei o nella questione dell’evoluzione.
La quasi totalità degli studenti ritiene che i brani della genesi e le teorie scientifiche sull’origine dell’universo siano in assoluto contrasto, ignorando che la teoria del Big Bang sia stata formulata dal sacerdote belga Georges Lemaître. Si dica la stessa cosa per quanto riguarda l’eliocentrismo, riscoperto nel XVI secolo da un altro ecclesiastico, Nicolò Copernico.
Passando al campo delle arti figurative, il ritorno di un nuovo analfabetismo religioso rende a volte non completamente fruibili le opere d’arte sacra. I manuali magari si soffermano abbondantemente sui materiali utilizzati, sulle tecniche di realizzazione, ma raramente si interessano alle concezioni religiose che hanno dato vita a quelle espressioni artistiche. Un tale approccio risulta oggettivamente mutilo: non è possibile ignorare che quelle opere furono commissionate da ecclesiastici al fine di istruire il popolo e di alimentare in esso la devozione. Non è poi così raro trovare alunni che nel loro percorso scolastico non abbiano mai messo piede in una chiesa durante una gita!
Le cose vanno forse un po’ meglio nel campo della letteratura. Il Cantico delle creature viene in modo unanime riconosciuto come uno dei primi testi della lingua italiana. I due giganti della letteratura italiana, Dante e Manzoni, obbligano a misurarsi con delle concezioni religiose. Tuttavia, non di rado, le questioni espressive e stilistiche prevalgono sui contenuti, sulle domande di senso che questi autori gridano.
Sono quasi totalmente ignorati gli autori contemporanei che nella loro produzione letteraria si sono misurati con questioni attinenti alla fede, con la conseguenza che si ingeneri l’idea tali problematiche siano relegate al passato e l’uomo di oggi non si curi della dimensione religiosa.
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Fonte: L’Ancora online
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