Il Natale ci chiede di non essere solo spettatori, ma di entrare nel mistero. Per riviverlo.
Di questi tempi, ci commuoviamo poco, perché siamo distratti. Il desiderio più grande di Dio è invece che riusciamo ancora a stupirci, di fronte alla presenza costante di Dio. Di fronte all'Incarnazione c'è da commuoversi, perché è fonte di speranza che Dio scelga di impastarsi con la nostra umanità, Dio sceglie di farsi come noi perché dall’incontro con Lui possiamo risultarne migliori. L'angelo porta l'annuncio proprio a dei pastori, una categoria di persone che era considerata al di fuori della società, perché, stando a contatto con gli animali, era ritenuta impura. Proprio loro, all’udire la notizia, furono avvolti dalla luce, in mezzo alle tenebre. Tanti pastori sono, anche ora, ai margini della società, perché essa non accetta di farsi carico di chi è costretto a camminare con un passo più lento della media.
Dio non è soluzione ai problemi, ma colui che apre gli orizzonti della speranza e sceglie di nascondersi, oggi come allora, nel piccolo e nel fragile: per questo ci è richiesta attenzione, per non sfuggire all'incontro con Gesù.
Perché, solo se noi facciamo posto a Dio dentro di noi, possiamo consentirgli di entrare dentro alla storia dell'uomo.
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