Il messaggio della Pasqua contro il mondo delle paure. Un articolo di Andrea Riccardi sul Corriere della Sera
La Settimana Santa si è aperta con due terribili attentati in Egitto contro i copti. I terroristi volevano una Pasqua di sangue. Puntavano all’esplosione di un terrorista-suicida nella cattedrale di San Marco, dove il papa copto Tawadros celebrava la liturgia delle Palme. Se Tawadros fosse stato colpito, la protesta facilmente sarebbe degenerata nello scontro tra i copti, straziati dal dolore, e i musulmani. Così i terroristi sarebbero riusciti a innalzare il livello del conflitto tra islam e cristianesimo. E i morti sarebbero stati tanti. La triste Domenica delle Palme ha mostrato però come una parte importante dei musulmani respinga il terrorismo: lo s’è visto nelle manifestazioni di solidarietà in Egitto. Il grande imam di Al Azhar ha colto l’obiettivo terroristico: rompere l’«unità» del popolo egiziano. Del resto, sono stati alcuni musulmani a evitare la tragedia: i poliziotti che hanno impedito al suicida l’ingresso nella cattedrale e sono esplosi con lui.
Questa Domenica ha provocato un soprassalto tra i cristiani del mondo, scopertisi vicini ai copti, oltre le distanze ereditate dalla storia. Papa Francesco osserva come i persecutori non chiedano ai cristiani, prima di colpirli, quale sia la loro confessione. Appaiono allora insensate le divisioni tra le Chiese e la celebrazione della Pasqua in giorni distinti (non quest’anno per coincidenza dei calendari liturgici). Forse, dopo questa dolorosa Settimana Santa, ci sarà un nuovo impulso alle Chiese per far coincidere sempre la data pasquale. L’ecumenismo del sangue ravviva la passione ecumenica, un po’ stanca e spenta nella diplomazia tra Chiese e nel culto dell’identità.
La Settimana Santa è stata carica di tensioni, anche per i riti pasquali, come si vede in una Roma ben presidiata. In Europa, dopo gli attentati terroristici, il clima è poco sereno. La settimana prossima, le elezioni francesi diranno la consistenza elettorale delle posizioni antieuropee e antislamiche di Marine Le Pen, ora dichiaratasi «estremamente cattolica», ma «molto contraria» alla Chiesa e al papa sui migranti. La Le Pen ha detto quello che vari cattolici europei pensano, specie nell’Est. Come difendere l’identità europea dagli attacchi e dalla presenza massiccia di gente estranea al nostro retaggio storico?
Non è solo questione di fede. Interessa anche i laici. Benedetto Croce, da laico, parlava del comune retaggio cristiano europeo: «non possiamo non dirci “cristiani”». Riguarda un mondo più vasto dei credenti. Tuttavia, a ben leggere il saggio di Croce, si scopre un’ammirazione per la figura di Gesù, tanto che — egli nota — la polemica contro la Chiesa «si è sempre arrestata e ha taciuto riverente al ricordo della persona di Gesù». Gesù esercita un fascino oltre il perimetro delle Chiese. Ed esse l’hanno spesso sottovalutato. Gandhi non dubitava che «Gesù appartenga non solo al cristianesimo, ma al mondo intero». In realtà, la Settimana Santa, più che rimeditare le strategie di difesa dell’eredità cristiana, ripropone con il Vangelo la figura di Gesù. Lo fa Francesco con le parole, ma anche con i gesti, come la lavanda dei piedi nel carcere di Paliano, il pellegrinaggio, sabato prossimo, nel santuario dei «nuovi martiri» a San Bartolomeo a Roma, e soprattutto il viaggio in Egitto, nonostante i rischi, per sostenere i cristiani. I cristiani perseguitati e i martiri rinviano a Gesù, ricordato — a Pasqua — crocifisso e risorto.
Con Gesù — scrivono Bruno Maggioni e Ezio Prato — , si rivela un «Dio capovolto»: non più l’uomo che muore per Dio, ma Dio muore per l’uomo. Nel Vangelo, Gesù chiede a chi lo arresta che i discepoli siano lasciati incolumi: «Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano» (Gv 18, 8). Vuole che l’ultimo sangue sparso sia il suo e non dei discepoli. E intima al discepolo armatosi per difenderlo: «Rimetti la spada nel fodero, perché quelli che mettono mano alla spada periranno di spada» (Mt 26,52). Il Dio di Gesù non è guerriero, ma muore per l’uomo. Messaggio sorprendente in un tempo in cui si uccide e ci si uccide per Dio. E i terroristi suicidi si dichiarano martiri. Il martire cristiano invece non cerca la morte e non usa la violenza: «Coloro che fanno vivere sono quelli che offrono la vita, non quelli che la tolgono agli altri…» - scriveva padre André Jarlan, un nuovo martire caduto in Cile anni fa.
Le Chiese, a Pasqua, proclamano la resurrezione di Gesù, fondamento di fede e speranza. In questa luce, la fede non è un retaggio da difendere, eroso dal tempo e dai marosi della storia. Crede che il cristianesimo sia speranza per il futuro e debba ancora sviluppare potenzialità profonde. Scriveva padre Men, prete russo e ultima vittima del Kgb: «il cristianesimo non ha fatto che i suoi primi passi, timidi passi nella storia del genere umano. La storia del cristianesimo non fa che cominciare». Il cristianesimo non è esaurito nelle sue forme storiche, ma vive e risorge con nuova fiducia.
Il messaggio pasquale afferma che il male non è così forte da essere eterno: può essere vinto, anzi è colpito in radice. La speranza di Pasqua apre alla visione del futuro, che oggi sembra oscurato o smarrito per tanti. Il cristianesimo non è un passato da difendere o preservare, ma una ferma speranza per il domani, più forte del male. Così lo sentono, prima di tutto, i cristiani egiziani, nigeriani o pakistani che rischiano la vita per andare a pregare in chiesa. La Pasqua, più che il momento per pensarci assediati, è l’occasione di credere nella «forza debole» della fede, dell’amore e delle convinzioni. C’è un evidente cuore religioso del messaggio. In qualche modo però, si congiunge alla coscienza dell’umanesimo laico, che rifiuta il ricatto dalla paura. Perché, nell’intreccio tra cristianesimo e umanesimo laico in Europa, s’è sviluppata tanta lotta al mondo delle paure e all’arbitrio della violenza. Croce conclude laicamente: «alimentare il sentimento cristiano è il nostro ricorrente bisogno, oggi più che non mai acuto e tormentoso, tra dolore e speranza».
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