La tristezza di un mondo senza più bambini con sindrome di down

Il mito del figlio perfetto è al centro dell’attenzione delle donne ma anche della società. Tra paure, incertezze e campagne ad hoc, l’Italia si prepara a seguire le orme delle eleganti e raffinate nazioni europee che vantano sulla passerella del mondo, il triste primato di non avere più figli con sindrome di down.
di Giovanna Abbagnara
Domenica pomeriggio di giugno infuocata. Sul divano cerco un po’ di frescura dopo una passeggiata a Napoli con la mia famiglia. Gli occhi ancora pieni dell’azzurro del mare e delle curve bianche e delicate del sudario scolpito dal giovane Sanmartino sul corpo del Cristo velato nella Cappella Sansevero. Navigo sul mio tablet e mi imbatto in un forum al femminile. La domanda al centro dell’attenzione del giorno è: “Con tutti questi esami diagnostici come mai nascono ancora così tanti bimbi down?”. Faccio spallucce mentre penso: “Ma che domanda è?”, quando spinta dalla curiosità mi precipito a leggere le risposte che come una cascata discendono da quella provocazione di una giovane donna: “Ho solo 22 anni e sono al 4 mese di gravidanza. Aspetto i risultati del bitest ma ho già fatta la tn (translucenza). Risultato ottimo (1mm) e osso nasale evidente. So che l’età è dalla mia parte e che dovrei stare tranquilla soprattutto se anche il bitest sarà negativo ma so già che non sarà così. Mi chiedo, come mai i gine si fidano di questi risultati ma continuano a nascere tanti bimbi con problemi? So che solo l’amniocentesi ti dà la sicurezza che vada tutto bene, voi siete riuscite a fidarvi solo di tn e bitest?”.
A parte la scrittura tipica dei forum dove sembra che lo stile sia ormai solo un vago ricordo, le risposte tradiscono tutta la paura e l’ansia, specie in donne giovanissime, di avere un figlio malato o affetto da qualche grave disabilità. Se questo è il sentire comune, se le ricerche dicono che in Italia nascono sempre meno bambini down, allora siamo di fronte non ad una bella notizia come qualcuno potrebbe pensare perché la ricerca ha scoperto una cura per questa anomalia ma semplicemente perché i feti che presentano questa sindrome nella diagnosi prenatale vengono abortiti. L’Italia segue le orme dell’Islanda.
Da cinque anni infatti nella bellissima isola del Nord Europa grazie all’avvento del “Nipt”, un test prenatale non invasivo che in una goccia di sangue ricerca la trisomia 21, non nasce più un bambino con sindrome di Down. Non da meno altri paesi europei: in Svizzera meno di novanta persone ogni anno nascono con la sindrome di down, in Spagna appena il cinque per cento dei bimbi trisomici viene al mondo. In Francia siamo al 96 per cento di aborti.
Per contrasto, ci sono battaglie molto forti contro il bullismo nelle scuole ai danni di ragazzi con sindrome di down ma nessuna parola per la selezione eugenetica, per legge non ammessa nel nostro Paese, che difatti si traveste della definizione di “aborto terapeutico” o peggio ancora del “bene del nascituro”.
Senza lanciarmi in accese battaglie, quasi tutti sanno bene come la penso, leggere quel forum mi ha fatto rendere conto che la paura di non essere in grado di fare da madre ad un figlio speciale e la cultura del “figlio perfetto” che ci assedia da tutte le parti, gioca un ruolo di primo piano nella scelta dell’aborto terapeutico. Ancora una volta la solitudine e la mancanza di una buona assistenza alle persone con sindrome di down, sono argomenti che non hanno posto nell’agenda politica di un paese moderno.
Oggi chi accetta di far nascere un figlio diverso viene guardato come un pazzo o come un eroe da cui stare lontano come se la sola presenza di una persona non perfetta potesse turbare la serenità collettiva. Michele è un bellissimo bambino di cinque anni. Va a scuola con mia nipote. Ha la sindrome di down. Ma agli altri bambini non interessa. Lui è felice e gioca spensierato. L’altro giorno mentre aspettavo di prendere mia nipote all’asilo mi è venuto incontro e mi ha dato un bacio e poi è tornato ai suoi giochi e ai suoi amici. Penso ai suoi giovani genitori. Sono in attesa del secondo bambino. Non che sia facile la loro vita e temono per il futuro di Michele. Ma hanno accettato la sfida della vita. La scuola sarebbe più povera senza Michele. La sua famiglia, la società, il nostro Paese…
Come si può esultare per questa vittoria di una società senza figli con sindrome di down? La loro scomparsa è piuttosto una sconfitta per tutti. Il sogno di figli perfetti che senza sosta rincorriamo e perseguiamo non ci riscatterà dalla solitudine e dall’egoismo a cui abbiamo consacrato la nostra vita. Siamo ancora in tempo per fare un passo indietro. Qualche giorno fa un mio caro amico ha ricevuto un dono per il suo compleanno. Era inserito in una busta che conteneva uno slogan: “Abbandonare un cane è come abbandonare un bambino”. Con tutto il rispetto per la campagna sull’abbandono dei cani che ogni anno di questi tempi si ripropone ma siamo proprio sicuri che il silenzio con cui centinaia di bambini con Trisomia 21 vengono abortiti ogni giorno sia segno di civiltà?
Qualche anno fa, in occasione della Giornata per la Sindrome di Down, l’Associazione CoorDown lanciò un bellissimo video con al centro un messaggio chiaro: “Cara futura mamma, tuo figlio potrà essere felice e anche tu sarai felice”. A dirlo sono bambini, ragazzi e adulti con la sindrome di down che comunicano la loro gioia di essere stati accolti nelle loro famiglie come qualsiasi altro bambino.



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